Fino a sabato mattina il «caso Tosi» rischiava di trasformarsi in un clamoroso harakiri della Lega Nord. Improvvisamente, dopo il «lodo Sarego» (la località del Vicentino dove si è svolta l’ultima riunione del Parlamento padano), la situazione si è capovolta. Ora è il Pdl che cammina sull’orlo del baratro. Come si è reso possibile questo ribaltamento così repentino?
All’origine dell’harakiri c’è la decisione del Carroccio di rompere l’accordo con il Pdl alle imminenti elezioni amministrative. La Lega correrà da sola per mostrare i muscoli e fare il pieno di voti al Nord. Niente Pdl e nemmeno liste civiche che possano fare ombra allo spadone di Alberto da Giussano. «A costo di perdere», sottolineava ancora venerdì la parlamentare vicentina Manuela Dal Lago.
Questa linea del rigore avrebbe compromesso il risultato di Verona, dove Bossi e i suoi si giocano la partita più importante in palio il 6-7 maggio (assieme a Monza). Per essere rieletto al primo turno, Tosi deve essere sostenuto da due liste civiche: una con il suo nome, l’altra con gli amministratori uscenti del Pdl. A Verona la Lega da sola non garantisce il 50,1 per cento dei consensi. Urgono rinforzi. Tanto più che i pidiellini membri della maggioranza in carica non avevano nessuna intenzione di uscire di scena.
Nel Pdl veronese si sono così formate due correnti: la prima (guidata dal vicesindaco Vito Giacino e dal presidente del consiglio comunale Pieralfonso Fratta Pasini) favorevole a rinnovare il patto con Tosi per la continuità del buon governo cittadino, l’altra (rappresentata dal numero uno del Pdl veneto Alberto Giorgetti, da Galan e dall’onorevole Brancher) propensa a presentare una propria candidatura.
Rivendicando un forte rapporto con la base del partito, al recente congresso provinciale i pidiellini «tosiani» erano usciti a eleggere un segretario cittadino vicino alle loro posizioni. Ma Giorgetti, anche su indicazione nazionale, confidando sulla linea dura «anti-civiche» della Lega, ha stretto un accordo con Udc e Fli candidando un tecnico, il banchiere Luigi Castelletti, per puntare al ballottaggio.
A quel punto, Tosi rischiava davvero grosso. Al secondo turno, infatti, la sinistra (o almeno gran parte di essa) non avrebbe votato Lega ma più probabilmente Castelletti, replicando su scala locale l’accordo nazionale Pdl-Pd-Terzo polo che sorregge il governo Monti. La linea dura di Bossi si sarebbe trasformata in un suicidio.
Ma la candidatura di Castelletti, imposta dall’alto, ha provocato un terremoto nel Pdl. Un’ondata di iscritti per protesta hanno restituito la tessera del partito annunciando che avrebbero sostenuto Tosi. Il «lodo Sarego» ha fatto il resto: il Senatùr ha ceduto alle pressioni di Tosi e Maroni convincendosi a dare via libera alle liste civiche accanto alla Lega Nord. In questo modo non solo ha garantito al sindaco la quasi-certezza della rielezione al primo turno (i sondaggi situano l’asse tra Lega, lista Tosi e lista dei fuorusciti Pdl molto vicino al 50%), ma ha provocato una sanguinosa spaccatura nel Pdl veneto. E se l’accordo veronese Pdl-Terzo polo poteva evolvere verso un futuro «partito dei moderati» sulla falsariga del Ppe, ora la spaccatura darà invece un brutto colpo alle prospettive di riscossa dei berlusconiani.