Aveva detto Umberto Bossi: chi sbaglia paga, qualunque sia il cognome che porta. Dopo le dimissioni del Senatur, Roberto Maroni aveva modificato il detto del capo in modo impercettibile: non si deve guardare nome e cognome di nessuno. L’ex ministro dell’Interno intendeva dire una cosa molto semplice: per fare pulizia nella Lega non basta considerare il cognome (cioè Bossi), ma anche il nome. Cioè non solo Umberto, ma anche Renzo. E ieri sono arrivate le dimissioni anche di Bossi jr., alla vigilia della grande manifestazione di Bergamo in programma questa sera. Alla quale i maroniani si presenteranno armati di scope, come Maga Magò, per fare pulizia, ma anche per volare alto sugli scandali che travolgono la Lega. Meglio farsi da parte prima di essere ricoperti di fango dagli stessi compagni di partito.



È curioso il destino del Carroccio. Il partito che alle prossime elezioni amministrative (il primo test elettorale dopo l’insediamento del tecnogoverno Monti) doveva capitalizzare la rendita dello stare all’opposizione, rischia di essere quello che paga il prezzo più alto in termini di consenso. La Lega dell’anti-politica, del contrasto al centralismo e agli intrallazzi romani, si presenta al voto uguale agli altri partiti. Intrallazzata, approfittatrice, succhiatrice del denaro pubblico a scopo privato. E in aggiunta, vittima del giustizialismo che ne costituisce il Dna fin da quando, negli anni ruggenti di Mani pulite, i suoi rappresentanti sventolarono un nodo scorsoio in Parlamento contro democristiani e socialisti. Ora altri forcaioli agitano il cappio contro la Lega, e il Carroccio piega il capo infilandolo nel capestro spacciandolo come un segno di forza, coraggio e diversità.



Nella Lega, in nome della pulizia, ci si dimette al minimo apparir di un sospetto. Bossi jr non è nemmeno indagato. Contro di lui ci sono intercettazioni (il cui valore giudiziario è ancora tutto da dimostrare) e interviste di suoi ex collaboratori che tacevano quando era potente e sbracano ora che non è più nessuno. Renzo Trota non lascerà un segno indelebile nella storia patria, ma se la politica vuole riconquistare ruolo nella stagione dell’antipolitica deve rivendicare il peso e l’autorità che le compete. Se devono essere non diciamo i giudici e le sentenze definitivi, ma semplicemente i magistrati inquirenti (a indagini ancora in corso) a decidere la composizione di liste elettorali e organismi di rappresentanza, meglio saperlo subito ed evitarsi la farsa delle elezioni.



Il prossimo passo saranno le dimissioni di Rosi Mauro, l’ex sindacalista Uil fondatrice del Sindacato padano (Sinpa), di cui non si ha memoria di una firma in calce a un qualsivoglia contratto di lavoro.
Rosi Mauro dovrebbe lasciare la vicepresidenza del Senato. Nemmeno lei è formalmente indagata, ma come il Trota risulta insopportabile a larga parte dell’elettorato leghista. Non resisterà a lungo sotto la pressione del repulisti maroniano. A uno a uno quelli del «cerchio magico» cadono come birilli al bowling.
«Pulizia» era la parola d’ordine dei magistrati vent’anni fa: oggi vediamo i risultati di quell’operazione giudiziaria che voleva moralizzare senza prima dire cosa si intendeva per morale. Ma forse nella Lega oggi pulizia è diventato un sinonimo di epurazione.

Leggi anche

CONGRESSO LEGA NORD/ Borghezio: Bossi? Mi aspetto un passo indietroIL PALAZZO/ Maroni, i dossier e l’insofferenza della Lega venetaSONDAGGI/ Ferrari Nasi: la Lega sotto il 4%. Piepoli: no, la Lega di Maroni non crollerà