Tre mesi fa era sul punto di essere cacciato dalla Lega perché «traditore»; oggi invece è lui, Roberto Maroni, a garantire espulsioni. Tra qualche giorno toccherà all’ex tesoriere leghista Francesco Belsito e prima o poi anche a Rosi Mauro. «Se non lo farà da sola, la dimissioneremo noi», ha detto ieri sera dalla fiera di Bergamo. La serata dell’orgoglio padano segna una svolta nel Carroccio. Bossi e Maroni si abbracciano, Bossi abiura esplicitamente il cerchio magico e si scusa per i guai combinati dai figli, l’ex ministro dell’Interno promette e ottiene pulizia e un’accelerazione per i congressi. Davanti al vecchio leader dimissionario, Bobo inscena ma vera prova di forza. Anche il triumvirato insediato appena una settimana fa dal Senatùr di fatto è spazzato via: la Dal Lago non si è mai sentita, Calderoli ieri sera c’era ma non ha parlato. C’è un uomo solo al comando del Carroccio, e si chiama Roberto Maroni. Eppure questa prova di forza è lo specchio della profonda debolezza della Lega. La batosta giudiziaria è pesante. La ricetta indicata da Maroni è semplice al limite del semplicismo: pulizia e unità del partito. Serrare le file in vista delle elezioni amministrative in calendario tra meno di un mese (Verona e Monza sono piazze in cui la Lega si gioca moltissimo), e preparare una grande campagna per le politiche del 2013. Tra un anno l’obiettivo di Maroni è diventare il primo partito del Nord umiliando il Pdl. Dunque il vero nemico non sono il governo, la crisi, l’Europa, la finanza internazionale. L’avversario su cui fare la corsa si chiama Silvio Berlusconi. Non a caso ieri sera sono echeggiati cori con insulti indirizzati al Cavaliere. Con cui la frattura sembra sempre più difficile da ricomporre, nonostante le speranze di Alfano. Vedremo quali ripercussioni avrà questa svolta nelle giunte regionali di Piemonte, Lombardia e Veneto. Maroni si pone obiettivi di breve periodo. Non ha il carisma di un Bossi che disegnava scenari onirici di Padania indipendente, con una sua moneta e piena autonomia. Vagheggiamenti capaci di mobilitare parte del Nord. Oggi parlare di secessione, federalismo, indipendenza suona tutt’al più come un’occasione mancata. È uno sguardo su un passato perduto più che una speranza per il futuro. Maroni è molto più credibile quando promette epurazioni e pulizia interna, che quando rispolvera gli ideali indipendentisti. Egli bada a galleggiare, a traghettare la Lega verso le elezioni del 2013, a tenere unito un partito irriconoscibile, dove il monolitismo garantito per 25 anni da Bossi ha ceduto il posto a contestazioni plateali e volgari verso personaggi (Renzo Trota, Belsito, la Mauro) che fino a poco tempo fa nessuno si…
…azzardava a mettere in discussione. Si parla di unità ma sono più forti i fischi e gli ululati contro la «banda dei tre», additati come responsabili di ogni guaio padano. L’imminente campagna elettorale non ha più come argomento le tasse di Monti ma i soldi del Trota. E anche questo è un segnale della crisi dell’ultimo partito italiano di opposizione.