Silvio Berlusconi successore di Mario Monti. Il ritornello è soltanto all’apparenza sempre il solito, con il Cavaliere che finge di voler fare il fatidico passo indietro dalla politica attiva dissimulando la sua voglia matta di ritornare in prima linea. In realtà, nelle parole dette ieri da Berlusconi c’è un aspetto nuovo: erede di Monti non a Palazzo Chigi, ma a via XX Settembre. Non capo del governo, ma “semplicemente” ministro dell’Economia. Quello che tiene stretti i cordoni della borsa degli altri dicasteri, peraltro sempre più esangui.

È un Berlusconi “ombra” quello delle ultime settimane. Guida un’opposizione “ombra” a un governo che assomiglia alla tela di Penelope: costruttivi voti di fiducia di giorno, distruttive polemiche anti-Monti di notte. Ed è lo stesso quattro volte premier a mostrarsi l’ombra di quello che era fino al 2009. Da lui non scattano guizzi di novità, programmi per l’Italia del futuro, “contratti” con gli italiani e nemmeno quei sogni che gli sono stati rimproverati.

Niente di tutto questo, ma soltanto mosse incerte a uso dei sondaggi, per capire che cosa fa più presa con ciò che resta del suo elettorato. Un giorno la nuova discesa in campo, un altro l’uscita dell’Italia dall’euro, un altro ancora la defenestrazione di un Alfano senza “quid”, e poi l’incoronazione dello stesso Alfano a presidente del Consiglio avendo però sempre lui, Silvio, a fianco come tutor e responsabile del dicastero dell’Economia e finanze.

Manca nel Pdl quella chiarezza di analisi e la lungimiranza di proposta che a lungo ne hanno decretato il successo elettorale. Incertezza e indeterminazione, quella stessa indeterminatezza che ieri proprio Berlusconi ha rinfacciato a Monti sulle proposte che l’Italia porterà in Europa all’imminente vertice. I due si sono visti nell’ambito di una serie di incontri che Monti ha chiesto ai leader della sua maggioranza: nel tardo pomeriggio è andato a Palazzo Chigi anche Pierluigi Bersani, mentre Pierferdinando Casini parla ormai soltanto a mezzo stampa.

Berlusconi sa che i suoi elettori non gradiscono i tecnici, ma allo stesso tempo è consapevole di non poter essere lui quello che stacca la spina al governo. È un’ambiguità grave quella in cui il Cavaliere si dibatte da mesi senza poterne uscire. La minaccia di una crisi per tornare a votare in autunno, prima del semestre bianco, è appunto una minaccia, una boutade difficilmente realizzabile, una scorciatoia scivolosissima.

«Vi prego di usare toni adeguati alla responsabilità che portiamo», ha ricordato ieri ai membri dei gruppi parlamentari incontrati a Roma. E ha lasciato poi cadere un’idea pazzerella: non l’Italia, ma la Germania fuori dall’euro zona. Che ritorni il marco, non la lira.

Un’altra schermaglia per sondare gli umori della base, soprattutto se – come tutto lascerebbe pensare in questa vigilia – il vertice europeo non farà passi avanti verso una maggiore coesione tra Paesi. In questo caso la voglia di anticipare il voto potrebbe rafforzarsi: l’hanno già fatto Spagna e Grecia in frangenti assai critici e non si è verificato nessun cataclisma. L’“ombra” di Berlusconi si sta convincendo che non c’è due senza tre.