Il tecnico Mario Monti aveva già dimostrato una veloce capacità di adattamento trasformandosi da professore a premier tecnico e quindi in leader politico. È in corso una nuova metamorfosi, perché Monti sta diventando un abile protagonista della campagna elettorale. Ha messo nel mirino l’argomento numero 1, quello che fa più presa: le tasse. Di giorno in giorno insiste su quello che potrebbe diventare il suo cavallo di battaglia, cioè la riduzione del carico fiscale.

Battere sulla riforma tributaria consente a Monti di spostare l’attenzione dalle polemiche sullo scandalo Montepaschi in cui potrebbe impantanarsi come «amico delle banche». E nello stesso tempo egli gioca sullo stesso terreno di Silvio Berlusconi, il suo principale «competitor». Gli esperti della campagna elettorale stanno istruendo a dovere il Prof: bisogna far dimenticare l’immagine di super-tassatore e imporre quella di personaggio serio e affidabile, capace di fare promesse perché è in grado di mantenerle.

Anche Berlusconi – è la strategia montiana – si batte sul terreno tributario, ma il Cavaliere non ha applicato la riduzione delle aliquote di cui parla dal 1994. Monti invece lo farà. E ieri sera ha scelto proprio il Tg5 – cioè il campo «casalingo» dell’avversario – per rilanciare la sfida, armato di grafici e bacchetta.

Già nella sua agenda Monti sostiene che «se si tiene la rotta, ridurre le tasse diventa possibile» e che «non appena le condizioni generali lo consentiranno» si procederà «a ridurre il prelievo fiscale complessivo, dando la precedenza alla riduzione del carico fiscale gravante su lavoro e impresa». Questa manovra, però, impone correttivi ai quali Monti fa cenno nell’agenda ma non nelle interviste elettorali: la patrimoniale e il rincaro dell’Iva. L’agenda infatti prevede di trasferire «il carico corrispondente su grandi patrimoni e sui consumi che non impattano sui più deboli e sul ceto medio». E non bisogna dimenticare che appena un mese fa l’Imu era intoccabile: chi la togliesse dovrebbe rimetterla raddoppiata dopo un anno, disse Monti a metà dicembre.

Tuttavia un conto è l’agenda e un altro la battaglia elettorale. Gli elettori hanno la memoria corta e danno retta a chi alza di più la voce. È la forza di Berlusconi e potrebbe essere un asso nella manica di Monti. La mossa è coraggiosa: sfidare l’avversario sul terreno a lui più congeniale. Il professore non vuole «essere crocifisso per sempre come la persona che ha imposto le tasse agli italiani», tributi in larga misura concordati con l’Europa dal precedessore: così ha scandito ieri sera al Tg5.

E a tutto ciò Monti affianca un secondo argomento che tenta di strappare a Berlusconi: il contrasto al massimalismo della sinistra identificato nelle posizioni della Cgil, di Vendola e Fassina. Le tasse e il conservatorismo della sinistra sono stati gli argomenti più efficaci delle campagne berlusconiane. Monti prova a sfilarle di mano a un Cavaliere poco credibile come vero riformatore.

La strategia di Monti costringerà Berlusconi a cambiare rotta almeno in parte: alzare il tenore delle promesse e intensificare il fuoco di sbarramento contro il Professore. Il leader del Pdl non può lasciare che sia Monti a occupare la scena riformista e negli ultimi giorni ha mostrato la corda. Giocano a suo favore le polemiche su Montepaschi, dalle quali Berlusconi si tiene lontano, che continuano a danneggiare Pier Luigi Bersani. E così pure gli attacchi che piovono da Bruxelles: passare come vittima degli euroburocrati è un ottimo viatico per la rimonta del Cavaliere.