I poveri elettori di centrodestra vorrebbero capire una cosa dal partito che in maggioranza li rappresenta, ovvero il Pdl: questa legge di stabilità va bene o no? Funziona o fa acqua? Appesantisce le tasche dei cittadini, dove il cavalier Silvio Berlusconi ha sempre negato di voler mettere le mani, o le svuota? Se dovessero dare retta a tutto quello che dicono i leader del Pdl, non ne verrebbero a capo.
Angelino Alfano sostiene che «per la prima volta dopo anni la pressione fiscale su famiglie e imprese calerà» e che il Pdl si è confermato come la vera «sentinella anti-tasse» del governo. Di cui egli è numero 2. Dell’opposto è invece convinto Sandro Bondi, che è uno dei coordinatori del partito di cui Alfano è segretario: «Di questa stabilità l’Italia può morire» perché la bozza di legge di stabilità licenziata da Palazzo Chigi «non aiuta l’economia a crescere e prevede un aumento consistente delle tasse abilmente camuffato che però non tarderà a venire alla luce». C’è l’ex ministro Maurizio Sacconi che promuove la manovra pur chiedendo qualche correzione, e l’altrettanto ex ministro Mara Carfagna che invece la boccia come «non adeguata ad affrontare la situazione economica».
Parlassero avversari politici, la polemica sarebbe comprensibile, anzi nell’ordine delle cose. Ma l’impressione che ne ricava «l’uomo di centrodestra della strada» è che nel partito regni ancora il caos. Altro che l’unità del Pdl, o il silenzio imposto giorni fa da Berlusconi, indispettito dalle continue e discordanti dichiarazioni dei suoi uomini alle agenzie di stampa. Un chiacchiericcio che disorienta il «popolo del centrodestra», abituato a udire la voce del solo Berlusconi, preoccupato nel pensare come potrebbe diventare il partito senza Silvio alla guida.
Ma anche il Cavaliere sta ricominciando a ondeggiare. Sono passati 15 giorni dalla bufera che ha rischiato di spaccare il partito e da allora Berlusconi è rimasto fermo nel sostegno al governo Letta. Ora che si avvicina il momento della votazione in aula sulla decadenza (e con il rischio dello scrutinio palese), l’ex premier ricomincia a dare segni di nervosismo, forse di nuovo tentato dall’ala più oltranzista dei suoi collaboratori a far saltare il banco. Questa irrequietezza di Berlusconi è l’indice che, a poco a poco, i «falchi» del Pdl stanno rialzando la testa dopo la pesante sconfitta nella campagna di fine settembre.
Ora il loro gioco è vedere se Alfano – che ha vinto una battaglia – ha veramente il «quid» per lanciare fino in fondo la sfida. Alfano è arrivato a un passo dalla scissione, dalla formazione di un secondo gruppo parlamentare, con l’obiettivo di raccogliere i moderati del centrodestra e tenersi il simbolo del Pdl, accantonato dalla rinascita di Forza Italia. Ce la farà a prendere in mano l’intero partito?
La battaglia interna al Pdl, dopo lo scontro iniziale, è diventata una guerra di posizione, di trincea, dove ognuno spara qualche colpetto (tramite agenzie di stampa) e attende che l’avversario sbagli per primo. Ma giorno dopo giorno le divergenze si approfondiscono e i blocchi contrapposti si allontanano. I berlusconiani sembrano avvicinarsi al punto di rottura. A questo fa pensare anche il colloquio di ieri tra Berlusconi e il ministro Mario Mauro. Il quale avrebbe riferito al Cavaliere che il Partito popolare europeo sarebbe pronto a espellere gli azzurri dal gruppo nell’Europarlamento se tornasse Forza Italia e i falchi avessero la meglio.