Superata vittoriosamente la prova di forza di mercoledì sulla fiducia al governo, Angelino Alfano si è imposto di tenere un rigoroso profilo istituzionale, come d’altra parte era opportuno dopo la tragedia di Lampedusa. Nel sostanziale silenzio del vicepremier si sono però alzate altre voci, tutte ieri e tutte nel segno di un’accelerazione verso un ricambio generazionale, che è il terreno sul quale il segretario Pdl intende principalmente muoversi.
Nel campo avverso, una lunghissima intervista della Stampa a Matteo Renzi ha consacrato il sindaco di Firenze come il candidato dell’establishment a nuovo segretario del Pd. In un’altra intervista a Sky, il premier Enrico Letta ha riconosciuto che Alfano è diventato il suo vero e unico interlocutore al posto di Silvio Berlusconi. Il vicepremier aveva chiuso l’operazione contro i “falchi” del suo partito garantendo alla coppia Napolitano-Letta la nascita di gruppi parlamentari autonomi alla Camera e al Senato. Era l’assicurazione che il governo poteva andare avanti senza i voti dell’ala più estremista del Pdl.
Visto il repentino dietrofront di Berlusconi, che ha votato la fiducia, Alfano ha chiesto un po’ di tempo per tentare lo “strike”: prendere in mano il partito. Letta tuttavia tiene sotto pressione il numero due del governo. Le frasi di ieri contro Berlusconi (“si è chiusa una stagione politica di 20 anni”, “la pagina è stata voltata in modo definitivo”, “non si ricomincia con la tarantella”) sono suonate come un’intrusione nel Pdl e un avvertimento ad Alfano. Inoltre Letta ha accettato le dimissioni dell’unico sottosegretario Pdl che non le aveva ritirate, cioè la “lealista” Michaela Biancofiore. È un’esibizione muscolare che non giova alla compattezza del governo né agevola l’azione di Alfano. Il quale ha dovuto replicare al premier: “Non accettiamo e non accetteremo ingerenze nel libero confronto del nostro movimento politico. Stiamo lavorando per l’unità del partito che rimane il nostro obiettivo strategico in quanto alternativi alla sinistra”.
È dunque nel centrodestra che il segretario pidiellino deve giocare la partita. Ma dalle sue parti hanno alzato la voce altri due quarantenni intenzionati a fermarne la corsa. Uno è Flavio Tosi, che ieri mattina a Mantova ha presentato la fondazione “Ricostruiamo il Paese” con un progetto politico che supera la Lega nel nome della concretezza, del pragmatismo e della buona amministrazione, e si pone come obiettivo immediato quello di arrivare alle primarie per la candidatura a premier del centrodestra. Un tentativo forse velleitario, ma la grande partecipazione e la notevole eco sui social network hanno ancora una volta ribadito che il centrodestra non si esaurisce nel Pdl, soprattutto in questa fase di transizione post-berlusconiana.
L’altro antagonista, senz’altro più temibile per Alfano, è il suo compagno di partito Raffaele Fitto che in una intervista al Corriere si è lanciato come nuovo referente dei “falchi” pidiellini, autobattezzatisi “lealisti” verso Berlusconi. Se l’intenzione di Alfano era sbarazzarsi di personaggi come Verdini, Santanché, Bondi, Capezzone, ecco la loro contromossa: ritirarsi dietro le quinte e contrapporre un quarantenne al segretario e alla sua pattuglia di “scissionisti”. L’ex governatore pugliese ha parlato chiaro: ha sfidato Alfano sul terreno delle regole, ha liquidato la mossa del segretario come una strategia “politicamente e culturalmente subalterna alla sinistra” (e anche per questo ieri Alfano ha dovuto farsi sentire nei confronti di Letta); ma soprattutto Fitto ha chiesto “l’azzeramento di tutti gli incarichi di partito e la convocazione di un congresso”. Un congresso vero, dove pesare le tessere.
Dopo lo shock iniziale, i “lealisti” stanno riorganizzando la controffensiva. E la prima mossa è rimettere tutto in discussione, dalla linea politica fino alla poltrona di Alfano, mentre Berlusconi si avvia verso la decadenza dal Senato e i servizi sociali. L’avvertimento dei “falchi” è chiaro, anche perché al momento gli “scissionisti” contano su una cinquantina di parlamentari contro oltre un centinaio di fedelissimi berlusconiani. E Alfano è stretto nella tenaglia tra Letta e Fitto.