I dolori del giovane Angelino non faranno passare un Natale sereno al leader del Nuovo centrodestra. Per lui la situazione politica si è completamente capovolta dopo l’incoronazione di Matteo Renzi: da pilastro del governo a zavorra per il Partito democratico; da “seconda gamba” come garante delle larghe intese, e quindi di un futuro alla propria formazione politica, ad alleato di un partito (il Pd) che lo tollera sempre meno.
Fino all’arrivo di Matteo Renzi, al Nuovo centrodestra bastava esistere per avere un senso: la sua semplice presenza parlamentare a sostegno del governo Letta dava il significato al tentativo politico di Alfano e della sua pattuglia. Ma l’esito schiacciante delle primarie Pd ha modificato il quadro. Renzi ha rivendicato il peso preponderante dei democratici nella maggioranza relegando il Ncd in un angolo da comprimario. Perciò agli alfaniani non basta più il puro esistere. Devono cominciare a prendere iniziativa politica, dimostrare di essere una presenza parlamentare dotata di idee e identità, non riducibile a ruota di scorta del centrosinistra.
Ed ecco che ieri il ministro Maurizio Lupi ha annunciato che sulla legge elettorale la maggioranza presenterà una sua proposta. È un tema caldissimo, che determinerà le sorti del governo e della stessa legislatura. La proposta garantirà il bipolarismo, la reintroduzione delle preferenze in modo che gli elettori possano scegliere i candidati, e la governabilità. Ipotesi riassumibili nel “modello sindaco”, quello lanciato dal nuovo segretario Pd. Renzi e Alfano, ha precisato Lupi, non sono lontani.
Precisazione importante, dopo il teso faccia a faccia tra i due leader avvenuto mercoledì alla presentazione del libro di Bruno Vespa. I due quarantenni si giocano una partita decisiva. Lupi e Alfano dimostrano di voler raccogliere la sfida di Renzi, che domenica dopo l’insediamento sancito dall’assemblea nazionale del partito aveva detto che il Parlamento deve proporre un’ipotesi di legge elettorale entro un mese, che la formula per il Pd è “un tecnicismo” purché salvaguardi il bipolarismo (con la fine delle larghe intese) e la governabilità (maggioranza chiara): chi garantisce questi requisiti sarà compagno di strada, si chiami Grillo o Berlusconi.
Dialogare con tutti è giusto e doveroso. Ma la mossa di Renzi è uno shock che con un colpo solo minaccia la sopravvivenza del governo Letta ma soprattutto riabilita il nemico Berlusconi. La “vecchia guardia” del Pd si muoveva secondo criteri opposti: la regola di Bersani era che il partito doveva fare la sua proposta e “stanare” gli altri, costringendoli ad adeguarsi. È così che ha affossato una pletora di candidati per il Quirinale: io propongo perché sono il numero uno, tu mi vieni dietro.
Per Renzi vale l’opposto: si fissano i criteri base e si costruisce una proposta con chi ci sta. È dunque uno shock assistere all'”operazione recupero” di Berlusconi. Dopo averlo finalmente estromesso dal Parlamento grazie alla sponda giudiziaria, i vecchi democratici non credono ai loro occhi assistendo allo spettacolo del nuovo segretario Pd che chiede proprio i voti del Cavaliere per la legge elettorale. Cacciato dalla porta, Berlusconi rientrerebbe dalla finestra a opera dei suoi avversari. Chi avrebbe detto un mese fa che proprio il Pd avrebbe riabilitato il Caimano? E che proprio Forza Italia sarebbe diventato il principale sostenitore del tentativo di riforma elettorale di Renzi, in modo da andare a votare a maggio, con tanti saluti a Letta e al “traditore” Alfano?
Per questo il Ncd deve riprendere visibilità e autonomia, conquistarsi un ruolo “forte” nell’attuale fase di accelerazione riformista. Ecco la proposta di Lupi (che al momento è ancora allo stadio preliminare delle buone intenzioni). Ma ecco anche i dubbi di Alfano. Che qualche retroscenista vedrebbe addirittura alle prese con la tentazione di ribaltare lui il tavolo del governo Letta, per riavvicinarsi al redivivo Berlusconi e non finire impantanato nella stasi di un governo verso il quale l’azionista di maggioranza (il Pd) nutre una fiducia sempre più tiepida.