Sono lontani i tempi in cui la Lega Nord era il partito più monolitico del panorama politico italiano. La vecchia guardia bossiana non urla ma nemmeno tace, soprattutto in Veneto. Le ferite sono ancora aperte e le inchieste ancora in corso, ma in campagna elettorale nessuno si azzarda a rompere. Per ora Bobo Maroni non fa troppa fatica a difendere l’immagine di un partito unito. Ma il fuoco cova sotto la cenere. Si tratta di attendere fine mese. Quello sarà il momento della resa dei conti.
Il «cerchio magico» e i suoi adepti sono stati emarginati dal nuovo corso maroniano. Pochi posti e periferici negli organigrammi del partito, posizioni decorative nelle liste per il Parlamento. I malumori sono diffusi soprattutto in Veneto, feudo di Flavio Tosi, sindaco di Verona e segretario regionale. Nei posti che contano delle liste venete sopravvive un solo bossiano, l’ex sindaco-sceriffo di Cittadella Massimo Bitonci. Deputati uscenti come Alessandro Montagnoli devono implorare un miracolo per tornare alla Camera.
Il malumore è palpabile soprattutto tra Treviso e Padova. Il consigliere regionale Santino Bozza ripete da giorni sui giornali locali che farà votare Pdl alla Camera e Pd al Senato, pur mantenendo la tessera leghista. Giampaolo Gobbo, eurodeputato e sindaco di Treviso nonché predecessore di Tosi alla testa della Liga, affila i coltelli. Lo stesso Luca Zaia non perde occasione per marcare la distanza da Tosi, che nutrirebbe l’ambizione di subentrargli prima del tempo. L’ultima occasione è stata l’uscita di Berlusconi sui rimborsi Imu: una sparata per il sindaco di Verona, un’operazione sacrosanta per il governatore del Veneto.
La propaganda anti-leghista dall’interno della Lega è un fenomeno senza precedenti. Diverso è il caso di colonnelli del Senatùr che sono usciti dalla Lega come Angelo Alessandri, ex plenipotenziario in Emilia Romagna, che alle elezioni comunali nella sua Reggio Emilia arrivò clamorosamente al ballottaggio con Graziano Delrio surclassando il più accreditato candidato del Pdl. Alessandri ha fondato il movimento «Io cambio» che raccoglie epurati e delusi, a partire dall’addetto stampa Giulia Macchi, che seguiva la comunicazione del gruppo parlamentare del Carroccio fino all’insediamento di Maroni. Alessandri e i suoi si considerano i custodi della Lega delle origini, cancellata dagli ultimi arrivati.
D’altra parte, la permanenza di Bobo Maroni alla guida delle camicie verdi è destinata comunque a finire. Se vince le elezioni lombarde, ha già detto che cederà la segreteria a un giovane, e le quotazioni di Tosi sono in crescita. Se perde subirà un processo interno che lo allontanerà per volontà sia dei bossiani sia dei «maroniani» inizialmente contrari all’accordo con Berlusconi. E anche in questo caso Tosi e Matteo Salvini partono come favoriti per la successione.
Tosi mostra di trovarsi a proprio agio nei panni del delfino designato. Appare in tv con frequenza, tiene il pugno di ferro nel partito in Veneto, si muove con disinvoltura aprendo a nuovi interlocutori. In questo compito si fa aiutare da Alfredo Meocci, giornalista veronese dal ricco curriculum: mezzobusto del Tg1, direttore generale della Rai, membro dell’Autorità per le comunicazioni, vicesindaco nella prima giunta leghista a Verona. Giorni fa Meocci ha organizzato a Peschiera del Garda una cena in onore di Tosi con 300 invitati tra cui imprenditori, manager e finanzieri di un certo peso, come il banchiere Pellegrino Capaldo, il consigliere di amministrazione Rai Pilati, il sondaggista Masia (Nexus), il vicepresidente di Confcommercio Bort.
Non è un mistero che l’idea di Tosi sia una Lega che superi il vecchio Carroccio, un partito inclusivo, depurato dal folclore padano tanto caro a Bossi, unito dalla difesa dei concreti interessi territoriali più che da parole d’ordine ormai svuotate come secessione, federalismo, antimeridionalismo. Il modello dichiarato è la Csu bavarese, fatte le dovute proporzioni con un partito che ha tutt’altra storia, autorevolezza e prestigio. Il 24 e 25 febbraio è un test importante anche per capire se questo disegno avrà un futuro.