Primo grave incidente di percorso della «strana maggioranza» Pd-Pdl-Scelta civica. E proprio sul tema più sensibile per il centrodestra, la giustizia. Francesco Nitto Palma bocciato – per ora – alla presidenza della Commissione giustizia del Senato. Ex guardasigilli, ex magistrato, la mancata elezione è una ferita che brucia. Nulla di irreparabile, per la verità. Ieri i presidenti di commissione dovevano essere eletti a maggioranza dei componenti, oggi possono passare a maggioranza semplice. La commissione di Nitto Palma ha 26 membri, ieri servivano 14 voti (la metà degli aventi diritto più 1), l’ex ministro ne ha incassati 12 alla prima votazione e 13 alla seconda.
Pd e Scelta civica hanno votato scheda bianca. Il senatore Pd Felice Casson ha detto che volevano «un nome condiviso» e che «se nessuno del partito ha votato il nome indicato dal Pdl, evidentemente non c’era nessun accordo». Dichiarazione che poi ha dovuto rimangiarsi. L’accordo c’era, e il Pdl l’ha onorato come ha sottolineato Silvio Berlusconi: «Abbiamo votato Epifani (Attività produttive della Camera, ndr) senza battere ciglio». L’ex segretario della Cgil «molto lontano dal nostro credo».
Secondo il Cavaliere vale il principio che nessuno può porre veti sui nomi indicati da altri. Mancando a Nitto Palma soltanto un voto, e con un quorum modificato, oggi l’incidente potrebbe rientrare. Restano tuttavia pesanti incognite, perché Scelta civica ha fatto sapere che non voterà il pidiellino se il Pd insisterà con la scheda bianca. E rimane comunque lo schiaffone che incrina il precario equilibrio della maggioranza che sostiene Enrico Letta. L’accordo politico è solido, ma Berlusconi non si sente tranquillo. Lunedì la Cassazione che non ha trasferito a Brescia ma ha lasciato a Milano, nelle mani di Ilda Boccassini, i processi Ruby (primo grado) e Mediaset (appello); ieri lo sgambetto su una nomina già concordata. E tutto sui temi della giustizia.
Ieri il Cavaliere era furibondo. In tarda serata è stato intervistato da «Speciale Tg5» sui suoi canali Mediaset e l’irritazione era palese. Il messaggio al Pd è chiaro: il Pdl non accetta veti, l’accordo era fatto e non sarà modificato, Nitto Palma resta il candidato della maggioranza indicato dal Pdl, è il partito di Letta ad aver mancato alla parola e il premier ne prenda atto. «I pericoli più gravi per l’esecutivo – ha ripetuto Berlusconi – non vengono dal Pdl ma dal Pd».
E altre grane potrebbero arrivare non dalle aule della politica, ma da quelle della giustizia. Al Tg5 Berlusconi, che ha spiegato la propria estraneità a ogni addebito, si è detto fiducioso nei giudici della Cassazione: «Se saranno integerrimi avrò l’assoluzione piena, ma se mi troverò davanti a un collegio politicizzato allora potrebbe esserci una sentenza come quella di primo grado, lontana dalla realtà». L’inquietudine del Cavaliere è tutta in una frase ripetuta da quasi vent’anni. Una sensazione che, almeno per il momento, nemmeno questa fase di «governo di decantazione» è riuscita ad archiviare: «La sinistra tenta di farmi fuori per via giudiziaria», è il convincimento dell’ex premier. Il messaggio è chiaro, e i destinatari operano a Palazzo Chigi e al Quirinale: in caso di «sentenze lontane dalla realtà» il governo rischia di non reggere.