L’elenco è lungo e probabilmente incompleto. Caso Ablyazov. Riforma del finanziamento pubblico ai partiti. Legge sull’omofobia. Imu e Iva. Rimpasto tra ministri. C’è un tema all’attenzione del governo dove la maggioranza delle larghe intese navighi non diciamo d’accordo, ma nemmeno proprio agli antipodi? La risposta è sconfortante. E si avvicina – manca una settimana esatta – il giorno in cui la Cassazione alzerà per l’ultima volta il sipario sul processo Mediaset.
Verosimilmente martedì prossimo non giungerà la sentenza definitiva sul caso ma i giudici concederanno un rinvio. Tuttavia il 30 luglio potrebbe rappresentare l’anticamera della spallata al governo Letta, che affronta le giornate come un soldato attraversa un campo minato. Con esasperante lentezza, con i piedi di piombo, con la paura che nemmeno tutta questa cautela possa bastare per evitare l’irreparabile.
Sul caso Ablyazov il ministro Bonino ha detto che esistono tuttora «punti oscuri» che le istituzioni devono chiarire. Eppure il ruolo della Farnesina in questo intrigo è tutt’altro che trasparente, e il tentativo di scaricare ogni responsabilità sul Viminale vacilla giorno dopo giorno. Se moglie e figlia del dissidente kazako sono state rimpatriate a insaputa del ministro dell’Interno, non è che gli Esteri facciano una figura migliore.
Sul fronte economico e fiscale, si susseguono i vertici di maggioranza e le cabine di regìa, da cui però l’unico risultato finora ottenuto sono «impegni». Anche ieri, al termine di un lungo incontro, il Tesoro ha comunicato che la maggioranza ha garantito «l’impegno a trovare soluzioni condivise in tempi brevi» sulla riforma dell’Imu e l’aumento (da evitare) dell’Iva. Fatti, non pervenuti.
Fin qui le schermaglie. Ma tra i sostenitori del governo esistono anche terreni di scontro aperto. Come la legge sull’omofobia, che intreccia questioni politiche ed etiche e taglia trasversalmente non soltanto la maggioranza ma gli stessi partiti al loro interno. Reati, aggravanti, punibilità o no per una serie di atti se non per la manifestazione di opinioni o convinzioni. Le divergenze sono palesi e difficilmente componibili. Per questo una parte del Pdl ha chiesto una sorta di «stand by» in attesa di momenti migliori, ma il ministro Franceschini (Pd) ha replicato che il tempo è già scaduto. Eppure c’è da chiedersi se, con il caos che circonda l’esecutivo, la legge sull’omofobia sia davvero tra le priorità della maggioranza.
Nelle ultime ore è poi divampata la polemica sul disegno di legge che riforma il finanziamento ai partiti. Gli emendamenti presentati al testo sono 150, e quelli targati Pd vanno in direzione opposta a quelli del Pdl. Ieri sera, in tutta fretta, il ministro delle Riforme Quagliariello ha convocato una riunione urgente dei relatori di maggioranza: l’obiettivo è di giungere entro il 26 luglio a un testo condiviso.
Il tema è di quelli che potrebbero riguadagnare consensi popolari a un esecutivo in difficoltà: un taglio netto e un sistema radicalmente nuovo − con l’abolizione del finanziamento pubblico − apparirebbe come il segnale di una svolta, un colpo di reni. Per questo il premier Letta ha pronto (o dice di averlo) un decreto legge che taglia corto con le eterne indecisioni. «L’autunno sarà difficile», prevede il ministro Delrio condividendo le fosche parole di Gianroberto Casaleggio, guru di Beppe Grillo. Il governo arranca a fatica tra tanti problemi. Ma il problema maggiore appare l’incapacità di fissare un’agenda, indicare con chiarezza le priorità e perseguirle, gli obiettivi principali e quelli di secondo piano.