Ancora una volta è dovuto intervenire il presidente Giorgio Napolitano. E ancora una volta soltanto così si è potuta sbloccare una situazione che, in una giornata di altissima tensione, stava precipitando verso la crisi di governo. Il capo dello Stato con la sua opera diplomatica sotterranea ma efficace ha indotto Pd e Pdl a fare un passo indietro in modo che facesse un passo avanti il lavoro della Giunta per le immunità del Senato (che deve decidere sulla decadenza di Silvio Berlusconi). Il passo avanti voleva dire evitare il voto sulle pregiudiziali poste l’altra sera, a sorpresa, dal relatore Andrea Augello (Pdl).

Napolitano ha fatto sapere che non aveva gradito la sterzata imposta dal relatore ai lavori della commissione, di fatto imponendo un voto sulle pregiudiziali prima ancora di comunicare la sua relazione introduttiva, e naturalmente senza sentire la versione del senatore sotto esame, cioè Berlusconi. Il via libera alle pregiudiziali avrebbe coinvolto la Corte costituzionale, chiamata a dare un’interpretazione sulla retroattività della legge Severino; questo passaggio avrebbe portato a un notevole allungamento dei tempi di discussione.

Ma ancor meno il presidente ha apprezzato le barricate alzate immediatamente dal Pd, che davanti alla nuova situazione ha fatto fronte unico con Sel e 5 stelle verso una bocciatura delle pregiudiziali. La conseguenza sarebbe stata la sfiducia ad Augello, la nomina di un nuovo relatore (che secondo regolamento sarebbe stato uno del Pd) e inizio di un nuovo iter procedurale che, con la nuova maggioranza creatasi, avrebbe impallinato il Cavaliere entro un mese. Berlusconi tuttavia avrebbe fatto cadere il governo ben prima, tant’è vero che per questa mattina era stata convocata la riunione dei gruppi parlamentari che avrebbe sancito la fine dell’esecutivo Letta.

Un colpo di qua, uno di là, Napolitano ha indotto il Pd ad abbassare i toni e il Pdl a rimangiarsi le pregiudiziali e a seguire l’iter consueto della Giunta in questi casi. Incontrando i rappresentanti del comune di Barletta (di cui è sindaco il suo ex portavoce Pasquale Cascella) per i 70 anni della ribellione della città ai nazisti, Napolitano ha detto: «Bisogna rafforzare la convivenza nazionale o tutto è a rischio».

Nel pomeriggio il premier Enrico Letta ha visto Angelino Alfano e i ministri del Pdl, ottenendo quello che sarebbe stato annunciato di lì a poco: l’annullamento dell’incontro (previsto per oggi) di Berlusconi con i gruppi parlamentari Pdl per fare cadere il governo. La tensione ha cominciato ad allentarsi. La Giunta, convocata per le 20, non ha proceduto al temuto voto sulle pregiudiziali, che sono state ridotte al rango di questioni preliminari. 

Si andrà dunque avanti secondo i tempi ordinari: ogni membro della Giunta (sono 23) avrà diritto a 20 minuti di intervento. Solo al termine si voterà.

Si è guadagnato altro tempo prezioso per il governo Letta e il Paese. Ma la matassa non è affatto sbrogliata. Il «redde rationem» è soltanto rinviato di qualche giorno. Nel frattempo potrebbe maturare il percorso lasciato intuire dal Quirinale pochi giorni fa: Berlusconi si dimette da senatore, inizia a scontare la pena (domiciliari o più probabilmente servizi sociali) mentre il Colle prepara il provvedimento di grazia. È la prospettiva che anche i legali e i familiari (incluso l’amico di una vita Fedele Confalonieri) suggeriscono al Cavaliere.

Ma Berlusconi non sa se deve fidarsi fino in fondo. Intanto, in questa altalena di incertezze, ieri le colombe del Pdl hanno segnato un punto a favore a scapito dei falchi che fino a metà pomeriggio sembravano prevalere.