Il giorno tanto atteso per decifrare il futuro di Silvio Berlusconi (e del governo) è stato il giorno delle mezze delusioni. Il videomessaggio del Cavaliere non contiene novità eclatanti né tantomeno si esprime sull’esecutivo; la Giunta delle immunità del Senato ha bocciato il relatore pidiellino Andrea Augello ma il presidente dell’assemblea Piero Grasso ha detto che si tratta di un voto interlocutorio e poco significativo; e per finire anche il Milan ha vinto con tanta fatica, simbolo delle traversie che attraversa il suo presidente.
Il voto della Giunta era scontato, tuttavia la sua portata è stata ridimensionata. Nessun terremoto politico e parlamentare, anche perché non si è trattato di un pronunciamento diretto a favore o conto Berlusconi ma semplicemente sulle due pregiudiziali presentate a sorpresa dieci giorni fa da Augello. Il regolamento prevede che in caso di voto sfavorevole il relatore (non il parlamentare sotto accusa) sia dichiarato decaduto e sostituito: il posto di Augello è stato preso in prima persona dal presidente della Giunta, il vendoliano Dario Stefano, il quale davanti a sé ha una quindicina di giorni prima di arrivare alla pronuncia del parere che sarà portato in aula. Altro tempo per le mediazioni. È probabilmente per questo che il videomessaggio di Berlusconi non è stato dirompente come qualcuno si attendeva. Si ipotizzava addirittura che contenesse le dimissioni del Cav da senatore, gesto che gli risparmierebbe l’umiliazione di essere cacciato dal Senato. Si paventavano conseguenze disastrose sul governo, che invece nei circa 17 minuti di discorso non è stato mai citato.
Che cosa dice, dunque, il senatore Berlusconi nel suo appello agli italiani? Li invita alla mobilitazione. Li spinge a reagire, a ribellarsi, a scendere in campo, a ingrossare le file della rediviva Forza Italia, un partito che è un non-partito. Esso contiene un durissimo attacco alla magistratura, un «contropotere eversivo» che l’ha condannato ingiustamente per eliminarlo dalla scena pubblica in quanto avversario della sinistra. Toni accesi, ma nulla che Berlusconi non avesse già ripetuto migliaia di volte negli ultimi 20 anni di vita politica, la sua «seconda vita». La novità vera sta nella conferma di restare leader politico del centrodestra nonostante la decadenza, che Berlusconi stesso dà ormai per scontata. La notizia di ieri è che il Cavaliere ammette di aver perso questa battaglia: intende continuarla in Europa, ma questa mano – come a poker – è perduta. Ma chi lo ha sconfitto non si illuda di averlo cancellato, perché non è la poltrona a fare il leader quanto il consenso dei cittadini «che in tanti anni non mi è mai venuto meno».

Dunque, Silvio non accetta di liberare il campo così facilmente. E se è vero che non mette in dubbio la tenuta del governo, è vero anche che delle larghe intese egli non parla proprio. Nel videomessaggio – un quarto d’ora abbondante in cui Berlusconi dimostra di aver perso (questa volta sì, definitivamente) lo smalto del primo video datato 1994 -, egli non cita il governo. Non vi si riferisce per prenderlo a spallate, ma neppure per ribadirgli l’appoggio del Pdl. Un grosso problema per Letta, che ieri sera ha sminuito l’importanza del discorso berlusconiano mentre il segretario del suo partito, Guglielmo Epifani, al contrario ne enfatizzava i toni da «guerra fredda». Tutti assieme sulla graticola, sembra dire Berlusconi, voi e io. Insomma, la «giornata della verità» si è trasformata nell’ennesima giornata delle incertezze. E la stabilità del Paese si fa ancora più difficile.