Apparentemente tutto centrato sulla giustizia, il videomessaggio di Silvio Berlusconi aveva accennato in un unico passaggio all’attività del governo: sulle questioni economiche. E proprio le politiche fiscali riaccendono le polemiche sull’esecutivo. Con la novità che, questa volta, Pd e Pdl non si trovano su fronti contrapposti, ma dalla stessa parte: cioè quella di chi si oppone all’aumento dell’Iva ormai dietro l’angolo. Scatterà il 1° ottobre.
Il detonatore che ha fatto esplodere i nuovi contrasti sono le dichiarazioni del ministro dell’Economia al Corriere della Sera. Fabrizio Saccomanni, tecnico abituato all’ambiente felpato della Banca d’Italia, comincia a tradire un certo nervosismo dopo qualche mese nei palazzi della politica, dove invece sono all’ordine del giorno tensioni, mediazioni, pressioni. Saccomanni non ne può più. Il braccio di ferro su Iva e Imu è intollerabile, è arrivato al livello di guardia. Probabilmente si aggiunge l’imbarazzo per aver dovuto ammettere lo sforamento di uno dei parametri di Maastricht, il rapporto tra deficit e Pil. Così, il ministro si sfoga con il Corriere: sono pronto alle dimissioni, minaccia. Ne avrebbe già parlato anche con Palazzo Chigi e il Quirinale.
Pretende mano libera, lui che arriva dalla stanza dei bottoni della tecnocrazia finanziaria. Il rapporto con i partiti, tanto più necessario in una stagione di equilibri precari come l’attuale, è considerato da Saccomanni una zavorra. «Ho una credibilità da difendere – protesta – e non ho alcuna mira politica. Io non mi metto alla disperata ricerca di un miliardo se poi a febbraio si va a votare. Tutto inutile se una campagna elettorale è già iniziata».
Al di là del contenuto specifico della contesa, la vera notizia che emerge dalle parole del ministro dell’Economia è proprio qui. C’è un presidente del Consiglio che ostenta fiducia, che parla di grandi riforme, che garantisce che non si farà logorare e si prefigge il traguardo di terminare la legislatura. E c’è un suo ministro, uno dei più stretti collaboratori, che parla apertamente di campagna elettorale già in corso in vista di elezioni a febbraio.
Saccomanni scarica la preoccupazione sul clima politico, che non consente più di tenere sotto controllo le finanze pubbliche. «Gli impegni vanno rispettati, altrimenti non ci sto», mette in guardia. Enrico Letta, in tarda mattinata, gli ribadisce solidarietà e piena condivisione. Anzi, il premier aggiunge che anch’egli è stufo di aut-aut. Anche se il ministro marca una diversità dalla linea di Palazzo Chigi, il premier non lo isola. Forse è una mossa concordata per scuotere la maggioranza e indurre Pd e Pdl ad allentare le fibrillazioni.
Ma i due partiti reagiscono stavolta insolitamente concordi. Le elezioni a febbraio possono essere evitate se il governo troverà le risorse per evitare l’aumento dell’Iva, dice Renato Schifani. Saccomanni faccia il tecnico e non il politico, sibila Renato Brunetta. Ma anche dal Pd arrivano le bacchettate. Per Fassina bisogna evitare l’aumento dell’Iva, mentre per il segretario Epifani le scelte di rigore hanno bisogno di grande equità e grande giustizia sociale. Insomma, sarebbe Saccomanni quello che minaccia la stabilità che deve tradursi entro il 15 ottobre nella legge di bilancio. E si torna daccapo a litigare.