Tace Giorgio Napolitano alla Mostra del cinema di Venezia, dove la sua presenza favorisce l’incetta di premi per l’Italia. Tace Silvio Berlusconi, prudente. Parlano i falchi, in particolare Daniela Santanché a Sanremo alle Giornate controcorrente del Giornale, arrivando a dire che sarebbe stato meglio votare Romano Prodi per il Quirinale. Parlano viceversa gli avvocati del Cavaliere alla vigilia della convocazione della Giunta per le elezioni del Senato che valuterà la compatibilità di Berlusconi con lo scranno a Palazzo Madama.



È una mossa importante. I legali del leader del centrodestra hanno depositato il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo: 33 pagine in cui elencanno gli elementi per i quali – a suo dire – la legge Severino non è applicabile al suo caso. Al di là degli elementi tecnici sulla retroattività, la questione riguarda i nuovi argomenti che vengono portati all’attenzione della Giunta che si riunisce domani, lunedì. Impossibile non tenerne conto, anche perché la commissione di Palazzo Madama ha ricevuto copia di questo nuovo documento.



La mossa berlusconiana chiude una giornata in cui si erano accavallate voci su una possibile domanda di grazia avanzata non da Berlusconi ma dai suoi figli, mentre Enrico Letta a Cernobbio – facendo seguito alle garanzie di affidabilità offerte il giorno prima da Angelino Alfano – ostentava sicurezza sulla tenuta del governo.

Al momento, l’esigenza principale di Berlusconi è che non vengano abbreviati i tempi di lavoro della Giunta. Si riunisca la Giunta ma senza colpi di acceleratore. Occorre guadagnare giorni, settimane. È un interesse condiviso con il governo, nonostante quanto sostengono i falchi del Pdl. Dunque, offrire alla commissione senatoriale ulteriori spunti di analisi serve proprio allo scopo. Porre interrogativi, instillare dubbi, suggerire alternative. È l’applicazione del principio vigente negli Stati Uniti, dove se esiste un “ragionevole dubbio” l’imputato viene assolto.



Il ricorso alla Corte di Strasburgo era una delle possibilità. Ora è un dato di fatto. Le sue 33 pagine, e le relative motivazioni, non possono essere ignorate superficialmente. Infatti il segnale è già stato raccolto dalla parte meno sanguigna e più garantista della sinistra. Lo dimostrano le parole di Enrico Buemi, socialista eletto nelle liste del Pd, membro della Giunta che giudicherà Berlusconi e tra i dieci firmatari della lettera di sostegno a Luciano Violante e alle sue posizioni affatto oltranziste. “Un ricorso corposo e importante – ha commentato Buemi – che pone elementi di ulteriore approfondimento e che cita sentenze riguardanti non solo l’Italia ma anche altri Paesi europei”.

Il messaggio di Berlusconi sembra raccolto: Buemi, e con lui i garantisti del Pd, ritengono che la vicenda meriti “ulteriore approfondimento”. I lavori della Giunta delle elezioni, dunque, non dovranno essere “né accelerati né rallentati”, ma “ricalibrati” considerando la nuova documentazione “senza strumentalizzazioni”. La mano tesa di Buemi chiarisce perché Berlusconi abbia depositato il ricorso proprio alla vigilia della riunione. Molti suoi componenti di sinistra, infatti, pare abbiano già deciso il proprio orientamento “a prescindere”. E se la Giunta non è disposta a esaminare il ricorso presentato a Strasburgo ma intende liquidarlo, allora vuol dire che il problema non è la legge ma la pregiudiziale anti-Cav: questa è la sintesi del pensiero berlusconiano.

Il resto del ragionamento è conseguente: se nei confronti dell’ex premier la sinistra conferma un giudizio preventivo e chiuso a ogni ragionevole dubbio, significa che si vuole tagliare i ponti, eliminarlo dalla scena politica, e quindi chiudere il governo delle larghe intese. La palla torna dunque nel campo del Pd. Domani si comincerà a capire: un minimo colpetto di acceleratore verrà paragonato a una spallata. E a quel punto tutto potrebbe crollare.