Per la diciottesima volta il Parlamento ha inutilmente votato per eleggere due membri della Corte costituzionale. Per la terza volta il capo dello Stato se ne è lamentato altrettanto vanamente. Si è detto che la stucchevole sequenza di fumate nere sarebbe il frutto della guerriglia della minoranza Pd contro il segretario/premier e — in parallelo — della minoranza di Forza Italia contro la linea filogovernativa di Silvio Berlusconi. Finora, insomma, si è pensato che l’obiettivo degli scrutini a vuoto fosse il patto del Nazareno tra l’ex Cavaliere e il capo del governo. Ora però il prolungarsi degli scontri cambia il quadro. Ci dev’essere altro nel mirino dei guastatori parlamentari. Un primo, ulteriore obiettivo da inquadrare nel mirino è lo stesso Luciano Violante, che da qualche seduta ha perso ulteriori consensi: ieri ha raggiunto quota 506 contro un quorum di 570, lontano anche dal massimo dei consensi finora raggiunto.

Violante non è un renziano, non esprime un’ansia rottamatrice ma è un esponente dell’establishment istituzionale e della vecchia guardia del Pd, nonostante sia ben lontano dal giustizialismo che nei tempi recenti si è impossessato del partito. Renzi non si è opposto alla designazione dell’ex presidente della Camera benché non ne fosse entusiasta, e forse qualcuno dei suoi ora ne approfitta per indurre lo stesso Violante a fare un passo indietro. Anche nel centrodestra serpeggia malumore verso l’ex magistrato. Ieri Renato Brunetta ha chiesto di verificare se Violante ha i requisiti per andare alla Consulta: ne ha fatto una questione di regole istituzionali (per evitare altri scivoloni come l’elezione di Teresa Bene, poi bocciata dal Csm); in realtà la mossa di Brunetta esprime il malessere di chi, davanti all’incrociarsi dei veti, ha già cambiato quattro candidati.

Ieri sera ha gettato la spugna anche Ignazio Caramazza con i suoi miseri 422 voti, conscio del destino cui sarebbe andato incontro restando sulla graticola mentre un’ottantina di parlamentari si è ostinata a votare per Donato Bruno, il penultimo nome proposto da Forza Italia. Invece il centrosinistra non si è mosso dal nome di Violante, che però avanza come i gamberi. Dopo l’abbandono di Caramazza crescono le voci di chi vedrebbe bene un passo indietro anche da parte sua. Si farebbe così strada l’ipotesi di una coppia di professori, non di politici, alla Consulta. Una specie di rivincita del “partito dei tecnici” messo nell’angolo dal faccio-tutto-io Matteo Renzi. Obiettivo Violante, dunque.

Ma l’ex presidente di Montecitorio è anche un caro amico del Grande Inascoltato. Giorgio Napolitano ha preso atto con “amara riflessione” di non essere stato preso sul serio nelle sue ripetute sollecitazioni. 

Il Colle ha fatto anche sapere che per i due giudici costituzionali di nomina quirinalizia in scadenza imminente (Giuseppe Tesauro e Sabino Cassese, che concludono il mandato novennale il prossimo 9 novembre) “si procederà subito”. Napolitano sì che vuol fare sul serio. Ma anche lui deve capire bene quale gioco si stia giocando dietro le quinte del braccio di ferro parlamentare. Perché potrebbe nascondersi anche un segnale diretto a lui: caro presidente, fai bene a sgolarti, ma le tue parole si fanno sempre meno autorevoli quanto più ti avvicini alle dimissioni.