Una grande tragedia greca, di quelle in cui poco prima dell’epilogo i protagonisti giungono tutti insieme sulla scena, per l’ultima volta, e sciolgono i nodi. Ecco le ore che sta vivendo Silvio Berlusconi. Il quale spera sempre che compaia, chissà come e chissà da dove, un “deus ex machina” che risolva ogni cosa. Speranza al momento vana, visto che i problemi per il Cavaliere continuano ad accumularsi.

Per una di quelle coincidenze che i greci avrebbero attribuito all’opera del fato, il destino giudiziario di Berlusconi si compie assieme a quello di due suoi amici e compagni di avventure. Marcello Dell’Utri, il manager di Publitalia, l’inventore del partito-azienda e suo braccio economico più attivo, il colto siciliano condannato per rapporti opachi con la mafia che gettano pesanti ombre sullo stesso Berlusconi, fuggito in Libano nell’imminenza di un pronunciamento della Cassazione che potrebbe condannarlo definitivamente al carcere. Fermato a Beirut, ieri, dai servizi libanesi. L’anima “nera” – per così dire – del berlusconismo. E Paolo Bonaiuti, lo storico portavoce, il cronista politico mite e galante traghettato in politica che con Gianni Letta ha accompagnato il leader del centrodestra nei labirinti del potere romano, l’instancabile mediatore, grande tessitore dei rapporti con i giornalisti, ora messo da parte dalla nuova corte del Sire di Arcore. L’anima “bianca” del berlusconismo. Che sta lasciando Forza Italia per avvicinarsi ai “traditori” del Nuovo centrodestra di Angelino Alfano. “Bonaiuti lascia? È come se il Papa dicesse che non crede più nello Spirito Santo”, è la battuta di Gianfranco Rotondi che fotografa la drammaticità dello strappo. 

Due colonne del ventennio berlusconiano che fuggono dal Cavaliere nel momento per lui più cruciale. Due fughe dettate da motivi diversi, una condanna a opera della giustizia e una cacciata a opera di due donne (Pascale e Rossi), entrambe specchio su cui si riflette il viale del tramonto di Forza Italia. Altre persone perse da Silvio, altri pezzi di potere lasciati per strada dopo Casini, Fini, Tremonti, Mauro, Alfano, la Meloni. Ma quelle di Dell’Utri e Bonaiuti riguardano la sfera personale – non solo politica – di Silvio Berlusconi. Amici oltre che abili consiglieri.

E di strateghi il Cavaliere avrebbe particolarmente bisogno proprio ora che si avvicina il verdetto sulla pena da scontare. L’ordine è quello della prudenza, nulla deve turbare i giudici che possono prendersi fino al 25 aprile per comunicare le misure cui Berlusconi dovrà attenersi per i servizi sociali: il lavoro, gli orari, le limitazioni agli spostamenti. Significa che le liste per le europee saranno compilate in un clima di grande incertezza, che non aiuta a sciogliere la ritrosia dei potenziali candidati che ora fanno a gara per tirarsi indietro. 

La difficoltà di trovare nomi di richiamo è un altro sintomo della crisi. Chi mette la faccia, e i soldi, in una campagna elettorale che il numero 1 condurrà con il freno a mano tirato? E dove finisce lo sbandierato rinnovamento se Silvio è costretto a richiamare in servizio gente come Galan, Scajola e Micciché mentre i “nuovi” come Toti faticano a imporsi?

Ma la prudenza, questa virtù che Berlusconi non ha mai praticato con convinzione, non si dovrà esaurire al momento di compilare le liste. Dovrà diventare una compagna di vita perché i giudici hanno fatto sapere che misureranno ogni parola uscita dalla bocca del Cavaliere e dei fedelissimi. L’ex premier potrà fare campagna elettorale ma dovrà stare attento a ciò che dice per dimostrare di non avere pericolose cadute nel cammino di rieducazione. E poi dovrà continuare a muoversi in una sorta di “libertà vigilata” anche in futuro, per non turbare le toghe che dovranno giudicarlo negli altri processi pendenti, a partire da quelli sulle vicende di Ruby.

Il percorso rieducativo potrebbe essere suggellato, però, anche dalla lealtà al processo delle riforme. Matteo Renzi ha risposto sprezzante nei giorni scorsi, tuttavia le difficoltà interne al Pd (ieri emerse con chiarezza nel contrasto tra il premier a Torino e la minoranza a Roma) rendono indispensabile la sponda offerta da Forza Italia. È anche su questo fronte che il Cav si muove per mantenere l'”agibilità politica”. Conviene a Renzi, al quale potrebbero mancare numeri importanti dentro il Pd, e anche a un Berlusconi in cerca di riscatto.