Che potere hanno i magistrati. Non soltanto quello di indagare, condannare e assolvere, di fare giustizia e anche di rovinare la vita di qualche innocente. Hanno anche un potere di trasformazione, di operare profondi mutamenti e conversioni. Quanti parlamentari di Forza Italia venerdì pomeriggio si sono ritrovati come nella Metamorfosi di Kafka, tramutati in esseri diversi da quelli che erano il giorno prima. I lupi diventati agnelli, i falchi colombe, tutto un bestiario da riscrivere. Il verdetto d’appello di Milano che ha assolto l’ex Cav «al di là di ogni più rosea previsione» (parola dell’avvocato Coppi) ha cambiato un bel po’ di Dna azzurri.
A partire da quello dell’avvocato Ghedini, il «Nosferatu» che non aveva portato bene a Silvio Berlusconi in primo grado, il legale promosso parlamentare per meriti acquisiti nelle aule di giustizia. E a proseguire con tutti coloro che si aspettavano un colpo di mannaia sul collo dell’ex premier, pronti a spartirsi le spoglie del movimento forzista. I quali invece hanno dovuto fare buon viso a cattiva sorte (la loro). Perché Berlusconi è più arzillo che mai, la linea (come ha detto il suo consigliere politico Giovanni Toti) continuerà a dettarla lui, e i vari colonnelli o marescialli azzurri dovranno rassegnarsi a ripetere ciò che stanno facendo da anni, Ruby o non Ruby: chinare il capo e obbedire.
Berlusconi ha perfino rispolverato una parola che non si sentiva da due anni e mezzo, cioè pacificazione nazionale. Erano i giorni in cui gli subentrava Mario Monti e il passo indietro dell’allora premier, accompagnato dalla disponibilità del Pd a farci un governo assieme, fu presentato appunto come un gesto di pacificazione. Il Cavaliere non aveva ancora la fedina penale macchiata, e non c’era neppure la legge Severino che gli è costata il posto in Senato. Ora invece appare quasi più forte di prima: condannato ai servizi sociali, assolto da un’accusa ancora più infamante di quella per frode fiscale (sesso con una minore), assottigliato nella rappresentanza parlamentare, e tuttavia ago della bilancia delle riforme. Come ha ripetuto lo stesso presidente del Consiglio Matteo Renzi, che dal lontano Mozambico ha sottolineato i rapporti stretti con Forza Italia svalutando invece le avances dei grillini.
Lunedì si comincia a votare sugli emendamenti della legge Boschi e lì si avrà la dimostrazione di quanti dissidenti azzurri sono tornati a Canossa da Silvio. E si vedrà se davvero prende corpo un’altra delle parole dimenticate del centrodestra, ossia ricomposizione. Nuove alleanze, nuovi patti con Fratelli d’Italia, Ncd e Udc. Che ieri si sono dati appuntamento a Palermo assieme a Raffaele Fitto, probabilmente convinti di dover spargere lacrime di coccodrillo mentre hanno dovuto rendere ancora omaggio al Caimano.
Ma l’assoluzione apre anche altre prospettive, oltre al ritorno all’ovile berlusconiano. Alcuni dei dissidenti, contraddicendo Toti sempre convinto che la linea sarà dettata da Silvio, immaginano che − senza più il timore della condanna − si aprirà una fase di maggiore libertà. Che si potrà discutere più serenamente del dopo-Berlusconi. Che siamo alla vigilia di un «rompete le righe» dato che non è più necessario il Fort Apache a difesa del leader assediato dai magistrati. È l’auspicio di un alfaniano come Quagliariello: «Fino a ieri, in Forza Italia l’imperativo era restare uniti per difendere il “capo”. Quel ciclo si è chiuso».
Si riprende a ragionare su scenari nuovi. Guarda caso, proprio Alfano ha telefonato a Berlusconi dopo l’assoluzione interrompendo mesi di silenzio. I giudici di Milano hanno rimescolato molte carte. Restano le cifre dei sondaggi: l’ultimo dice che Renzi galoppa al 44 per cento mentre Forza Italia non raggiunge il 15, Ncd rimane inchiodato al 4 e la Lega galleggia attorno al 6-6,5. Una vittoria per manifesta inferiorità dell’avversario.