Raffaele Fitto è un politico abile, che gioca una coraggiosa partita all’interno di una Forza Italia che, volente o nolente, si deve avviare verso il dopo-Berlusconi. Difficile che l’ex governatore pugliese parli a vanvera. Non lo ha fatto nemmeno ieri, a proposito della sua ventilata ricandidatura alla presidenza della regione Puglia. Ha liquidato le voci ricorrenti come «un modo per prendere inutilmente tempo». Il tema non è tanto quello delle primarie come metodo per scegliere i nomi giusti, ma la strategia più generale del partito. Appunto, prendere tempo.



Nell’appoggio del Cavaliere al governo, un sostegno sostanziale ma non formalizzato nella maggioranza parlamentare, finora si individuava un obiettivo: portare a casa una riforma della giustizia non ostile e nomi altrettanto condivisi nel Csm e alla Corte costituzionale. Ma adesso prende corpo un’altra esigenza di Forza Italia, proprio quella evidenziata da Fitto: prendere tempo. Gli azzurri non sono pronti al voto, sono impreparati sia per eventuali elezioni nazionali sia per i prossimi appuntamenti amministrativi, sindaci e governatori regionali. E così, in attesa di capirci qualcosa, si tira a campare.



Tra Renzi e Berlusconi è già deciso un nuovo incontro. Significa l’ennesimo aggiornamento del mitico patto del Nazareno. Stavolta verrà sancito un nuovo fronte di collaborazione tra il primo partito di maggioranza e il primo dell’opposizione: dopo le riforme istituzionali, dopo un probabile puntello su quelle economiche, ora tocca alla politica estera. L’amico Silvio si offre come mediatore con l’amico Vladimir Putin, ambasciatore per conto di Matteo. Il quale avrà un altro po’ di margine per la sua “annuncite”.

Ogni aiuto dato al governo si trasforma così in altro margine di tempo strappato dall’ex Cavaliere per rimettere in sesto il suo partito. E siccome Renzi ha sempre più bisogno di picchettare un governo fatto di tanto fumo e scarso arrosto, ecco che le zeppe messe da Berlusconi piovono provvidenziali come la manna nel deserto. Ancora ieri Gaetano Quagliariello (Ncd) ripeteva al sussidiario da un lato che la maggioranza va allargata (perché con tutta evidenza ha fondamenta fragili), dall’altro che la “nuova costituente” del centrodestra si farà sentire all’interno della compagine che sorregge Renzi. Segnali per mettere in guardia il governo, perché per ora l’esecutivo va avanti con i voti del Ncd, non di FI.



L'”annuncite” dilaga. Il programma dei 1000 giorni è fatto dalle slides presentate ai giornalisti: un testo organico, con obiettivi e scadenze precise, non esiste. Il jobs act subirà l’ennesimo rinvio (tanto ormai Matteo si è dato tre anni di tempo). I soldi per gli statali non si trovano, nemmeno quelli per le uniformi delle forze dell’ordine: forse sono stati dirottati ai 150mila precari della scuola che saranno inquadrati (sempre secondo uno degli innumerevoli annunci) l’anno prossimo? 

Anche la riforma della giustizia vedrà la luce non prima del 2015; d’altra parte, come ha sentenziato il ministro Andrea Orlando, “questa è una riforma attesa da vent’anni, è difficile pensare che si faccia in venti giorni”.

Già: rinvia di qua, rimanda di là, le promesse renziane stentano a prendere corpo. I ministri se ne stanno allineati e coperti come il premier: dopo di lui, ieri a Cernobbio anche Poletti ha dato forfait. Mal di schiena per il ministro del Lavoro; non è un caso che il capo del governo sia andato in una fabbrica nel Bresciano “dove ci sono operai che si spaccano la schiena”. Al Forum Ambrosetti oggi dovrebbe saltare anche Alfano, e fanno tre. Rimangono invece il presenzialissimo Lupi, la fedelissima Boschi, la silenziosissima Guidi e l’insostituibile Padoan. E Silvio? Guadagna tempo.