Alla fine se n’è andato anche lui, Sandro Bondi, il comunista convertito sulla via di Arcore, il poeta di Silvio, l’azzurro gentile che non si sentiva più a casa nella nuova Forza Italia che preferisce accordarsi con la Lega lepenista di Matteo Salvini piuttosto che ricostruire l’asse moderato con il Nuovo Centrodestra. La compagna di Bondi, Manuela Repetti, anch’essa parlamentare forzista, aveva annunciato l’addio qualche settimana fa. Da ieri sono passati entrambi al gruppo misto.

Nell’organigramma azzurro, l’ex coordinatore nazionale del partito era stato accantonato da tempo. È finita la stagione degli intellettuali di Forza Italia, dei mediatori, di chi doveva tenere insieme personalità e storie politiche diverse. Oggi è il momento dei Verdini, dei Brunetta, dei Fitto, delle Rossi, dei Toti. Per Bondi una poltrona in Parlamento e le benemerenze del passato, quand’era il più strenuo, fedele e candido paladino del Cavaliere. Il quale oggi ha manifestato più fastidio per essere stato informato dalle agenzie di stampa (e non dagli interessati) che rammarico per l’abbandono. Il suo consigliere Toti ha paragonato Bondi e Repetti a «vernice vecchia» da scrostare.

La vecchia guardia di Berlusconi soffre sempre di più il «cerchio magico» del Cavaliere: Toti, la Rossi, la Pascale, Brunetta. Sabato era stato il capogruppo al Senato Paolo Romani, altro azzurro della prima ora, a elencare gli errori commessi dal partito negli ultimi anni e deprecare l’immagine di litigiosità costantemente offerta, confermata dallo strappo di Bondi.

La questione generazionale si lega a quella politica. Non è un caso che l’addio di Bondi giunga nei giorni in cui Mariarosaria Rossi e Giovanni Toti stanno convincendo Berlusconi a non ricandidare chi ha già tre legislature alle spalle. Significa fare piazza pulita di nomi pesanti del partito e portatori di voti. Una svolta nel segno del rinnovamento che sempre Toti aveva rimarcato sabato contro Romani, quando aveva respinto al mittente le critiche provenienti da uno dei capi azzurri che reclamava cambiamenti e al tempo stesso impediva il ricambio.

L’ex ministro dei Beni culturali dunque diventa il simbolo dell’insofferenza crescente in Forza Italia. Il passaggio al gruppo misto segue lo strappo di Paolo Bonaiuti, altro strettissimo collaboratore di Berlusconi che non si riconosceva più in Forza Italia. Bonaiuti è confluito nel Nuovo Centrodestra, Bondi per ora si colloca nella «terra di mezzo» del misto anche se Ncd sembra l’approdo naturale per un moderato come lui. Ma aderirvi subito probabilmente è sembrato troppo anche a lui.

Ieri Alfano ha visto sia Renzi a Palazzo Chigi (assieme a Lupi) sia Tosi a Montecitorio (con il coordinatore Quagliariello). Con il primo è stato affrontato il rimpasto di governo che dovrebbe portare Delrio alle Infrastrutture (e la Boschi a diventare sottosegretario alla presidenza del Consiglio, lasciando le Riforme a Quagliariello); con il secondo è stato pressoché definito l’accordo per le regionali in Veneto. Un patto tra moderati al quale guardano anche i «vecchi arnesi» di Forza Italia.