Silvio Berlusconi si è finalmente affacciato sul palco della campagna elettorale referendaria: in attesa di vederlo di persona, però, gli azzurri devono accontentarsi dei videomessaggi su Facebook o alle convention, come quello inviato ieri a un evento elettorale di Mariastella Gelmini a Milano. Il tono di voce non è quello dei comizi ma il contenuto non è più a metà del guado, quella specie di “nì” suggerito da Fedele Confalonieri. Ieri il Cavaliere ha attaccato a fondo Matteo Renzi, oltretutto usando contro di lui lo stesso argomento che il centrosinistra adoperava negli anni berlusconiani a Palazzo Chigi: il premier fa paura ai mercati e alle cancellerie europee.

Anche Renzi sta cambiando tattica. Ieri in Sicilia non ha attaccato frontalmente l’Unione europea come aveva fatto appena tornato da Washington, ma ha impugnato il tema del referendum e del cambiamento italiano per lanciare una campagna di riforme nell’Ue. Il premier non ha smesso di prendersela con la minoranza interna (con una battuta di scarso gusto verso D’Alema). Tuttavia il bersaglio sembra Bruxelles, che dopo essere stata apertamente sfidata per le critiche alla legge di bilancio ora merita una lezioncina sul suo futuro. L’Italia fa le riforme anche per dare un esempio all’Unione, la quale affonda invece nell’immobilismo che tanto spaventa anche l’amico Barack.

È un capovolgimento curioso. Non molti anni fa era il Pd che difendeva l’Europa dalla minaccia berlusconiana, adesso invece è il Cavaliere che agita lo spettro dell’instabilità italiana provocata dall’avventurismo del premier attuale. Si sono proprio cambiate le parti in scena, con Renzi che — ancora una volta — ricalca le orme del suo predecessore. Ma il dato è che ormai Bruxelles è entrata a pieno titolo nella campagna per il referendum, non è più soltanto la matrigna che impone tagli e stronca la flessibilità. Forte dell’investitura americana, Renzi tenta di cavalcare l’antieuropeismo degli italiani e la paralisi oggettiva delle istituzioni comunitarie, mentre Berlusconi si propone a tutela degli interessi delle cancellerie e dei mercati.

Il Cavaliere evidentemente tenta un riposizionamento. Cerca il modo migliore per rientrare in gioco dopo il voto di dicembre. Finora aveva seguito la strada consigliata da Confalonieri di non esagerare negli attacchi a Renzi e mantenere un profilo basso. Viceversa sembra profilarsi un cambio di strategia più marcatamente verso il No, ma sempre evitando lo stile e gli argomenti alla Salvini o Brunetta. Se Renzi si scaglia contro l’Europa, Berlusconi la difende. “Anche noi vogliamo le riforme — ha ripetuto ieri — ma questa riforma è pericolosa perché mette paura ai mercati, alle cancellerie europee e agli italiani”. Notare le priorità secondo il leader di Forza Italia. 

Ma c’è un secondo riposizionamento berlusconiano, e riguarda direttamente il suo campo. In settimana ha incontrato Salvini e la Meloni, e con i messaggi di questi giorni ha fatto capire che non intende archiviare l’esperienza del centrodestra per abbracciare ipotesi neocentriste. Stefano Parisi viene ora ufficialmente confinato nella missione di allargare il partito, non di pilotarlo, mentre la prospettiva ritorna quella della coalizione con Lega e Fratelli d’Italia voluta dai colonnelli, in particolare da Giovanni Toti. Con l’Italicum e il premio al singolo partito, quella berlusconiana sarebbe una tattica malaccorta. Potrebbe essere dunque un messaggio lanciato a chi vuole modificare la legge elettorale: se le coalizioni tornassero in gioco, l’appoggio del centrodestra non mancherà. Anche se a proporre le modifiche fosse lo stesso Renzi.