“Al Circo Massimo qualcosa di nuovo”, titolava ieri il Corriere della Sera un retroscena di Aldo Cazzullo. E cos’è questa novità segnalata dal Corriere? “Una parte di società che si contrappone alla sinistra di oggi”, “un protagonista della politica che da tempo pareva assente dalle scene: il centrodestra”. Cazzullo è l’editorialista che domenica aveva raccolto la prima, commossa reazione del cardinale Camillo Ruini davanti alla diretta televisiva del Family day: “Noi in minoranza? Non è scontato. Il compromesso è ancora possibile”.



Dunque, una lettura tutta politica del Family day. Da un lato le pressioni sul Parlamento, e questo è scontato. Ma dall’altro l’occasione per il ritorno del centrodestra sulla prima linea della politica. Una coalizione che non c’è più, che non si sa quale leader abbia, che non riesce a trovare i candidati a sindaco delle principali città italiane (Roma, Milano, Napoli, Torino, mica Rovigo o Caltanissetta), con una classe dirigente che non riesce a rigenerarsi, ha trovato una nuova ragione d’essere, anzi una risurrezione.



E sarebbero proprio i manifestanti del Family day a chiedere a gran voce di essere adeguatamente rappresentati da questa classe politica. Quindici anni fa andavano di moda i “girotondi” radical-chic contro Silvio Berlusconi, un mondo intellettuale che riempiva piazze e palasport in nome della “società civile” e chiedeva alla sinistra di fare, appunto, “qualcosa di sinistra”, per dirla con Nanni Moretti. Qualcosa di analogo succederebbe oggi, con i “girotondi cattolici” che ambiscono trasformarsi in un soggetto politico usando gli stessi strumenti del sindacalismo d’antan: le mobilitazioni, i cortei, le piazze, i comizi.



Soggetto politico non significa diventare un partito, ma un interlocutore dei partiti. E l’interlocutore più attento sembrerebbe l’area che sostenne Berlusconi premier. Ergo, come lascia intendere il Corriere, Family day uguale centrodestra. È tutto così sillogisticamente scontato? Non proprio. Il popolo del Family day deve puntare più su Alfano che sull’asse Berlusconi-Salvini-Meloni. Soltanto i gruppi di Area popolare possono fare mancare i numeri alla maggioranza per la legge Cirinnà. Ciononostante, il Ncd era in piazza con Lupi e pochi altri e sarà difficile che voti al Senato contro il governo che l’ha appena saziato di poltrone.

Altre sponde per i “girotondi cattolici” si trovano nel Pd, che è il partito di Mario Adinolfi, oltre che di taluni teo-dem come Beppe Fioroni. E perfino nel Movimento 5 Stelle. I grillini dotati di maggiore visibilità sono schierati con la Cirinnà. Eppure il loro desiderio più vivo è quello di sgambettare Renzi. Si tratta di vedere come pensano di giocargli lo scherzetto: potrebbero votare la legge contando sui mal di pancia del Ncd, mettendo un cuneo nella maggioranza e allontanando Alfano da Renzi. Ma nel voto segreto potrebbero pure votare contro, confermando la loro proverbiale inaffidabilità, e la brutta figura sarebbe tutta dell’esecutivo.

Insomma, il centrodestra ha interesse a cavalcare il malcontento sulle unioni civili in chiave anti-governativa, e la gente che è scesa in piazza si farebbe usare volentieri pur di bloccare una normativa che non intende modificare, bensì respingere in blocco, senza se e senza ma. Tuttavia le sponde politiche più efficaci, realisticamente, andrebbero cercate altrove. Senza barricate. Con buona pace di chi non riesce proprio ad abbandonare l’idea che “presenza” dei cattolici in politica non è sinonimo di potere o egemonia, ma di testimonianza che nasce dal “potere” del Vangelo.