All’apparenza la sfida raccolta da Stefano Parisi è quella del “solo contro tutti”. Contro i colonnelli di Forza Italia, contro gli alleati (a regioni alterne) di Lega Nord e Fratelli d’Italia, contro i fuoriusciti di ogni tipo: verdiniani, alfaniani, fittiani. Contro il governo e contro il “sì” al referendum. Contro un’immagine del partito azzurro che Silvio Berlusconi non ha mai fatto nulla per modificare, quella del partito-azienda, del movimento Silvio-dipendente. E anche contro un sistema di cooptazione interno al quale neppure Parisi è sfuggito: pure lui ha ricevuto un’investitura diretta dal Cavaliere, essendo passato dalle urne una volta sola a Milano. E non gli è andata bene.
Del resto, nemmeno i suoi amici-nemici più critici si sono conquistati sul campo i galloni. Giovanni Toti, per esempio, il più scontento dell’arrivo in Forza Italia dell’ex direttore di Confindustria, ha avuto la nomina a consigliere politico dopo essere stato prelevato da Mediaset e ha vinto le regionali liguri per le divisioni della sinistra. Molti altri colonnelli — che non perdono occasione di criticare ipotesi di “leader calati dall’alto” — siedono in Parlamento grazie al Porcellum, sistema elettorale in cui gli eletti vengono scelti dai capi partito e non dagli elettori: sarebbe curioso verificare quanti voti prenderebbero con le preferenze.
Parisi lo sa e si muove con prudenza. Non replica alle frecciate. Mostra interesse a riavvicinare gli alleati del vecchio centrodestra. Insiste a trasmettere l’idea di voler costruire un partito moderato, che non pronuncia soltanto dei “no”. Tiene il filo diretto con Berlusconi e lo fa sapere. Ora è giunta anche la disponibilità a misurarsi in eventuali primarie. Questa apertura ha sollevato parecchi dubbi, perché il Cav non ha cambiato idea: vede le primarie come il fumo negli occhi. Che fa Parisi? Si smarca forse dal suo superiore? Vuole ripercorrere la strada di Alfano e di Fitto costretti ad andarsene proprio per essersi intestarditi a volere un sistema all’americana per decidere il successore di Silvio?
In realtà quella di Parisi è una mano tesa verso i detrattori e un modo per disinnescare una possibile mina. Salvini, Meloni, Fitto, Alfano sarebbero favorevoli alle primarie. Anche qualche colonnello azzurro apre spiragli. L’ex premier dalla Sardegna lascia fare per mettere alla prova l’abilità di Parisi come tessitore e verificare se le aperture esterne sono reali o soltanto tatticismi. Salvini, per esempio, ieri sera a Ponte di Legno si è fatto intervistare da Paolo Del Debbio, che è un personaggio televisivo di successo molto vicino a Silvio Berlusconi.
Il Cav studia, guarda, ascolta e poi, dopo la convention di Parisi a settembre, tirerà le somme. Pare che a Villa Certosa, con i collaboratori storici e in contatto con i figli maggiori, sia più preoccupato del futuro delle sue aziende che del cantiere politico azzurro.
Un bel tema di riflessione è come utilizzare le centinaia di milioni di euro che arriveranno dalla vendita del Milan. Mediaset necessità di interventi urgenti, vista la cattiva piega presa dalla partnership con Vivendi. Ma anche la politica chiede investimenti. Renzi annaspa nella tempesta dei dati economici, i grillini assaggiano la difficoltà di passare dalla protesta alle responsabilità di governo, i “no” al referendum restano in testa nei sondaggi: il Cav con la sua macchina mediatica non può farsi trovare impreparato.