Tanto tuonò che piovve. Tanto è stato rimproverato il silenzio di Matteo Renzi dopo il tracollo referendario che oggi l’ex premier interrompe il mutismo con un’intervistona a Ezio Mauro, ex direttore di Repubblica. Un bel confronto tra ex, almeno uno dei quali ha necessità di uscire dal cono d’ombra. L’uomo della “narrazione”, il leader che aveva puntato tutto sulla comunicazione, nell’ultimo mese ha fatto parlare di sé soltanto per la vacanza natalizia a cinque stelle sugli sci. Consulta, referendum, data del voto, rapporto con il centrodestra, tandem con Gentiloni: su tutti questi temi il segretario del principale partito italiano tace da settimane, almeno pubblicamente.

È un’uscita tattica perché tutto è fermo fino al 24, il giorno del giudizio della Consulta sull’Italicum. Renzi ha tentato di muovere qualche pedina sulla legge elettorale, ma è evidente che sarà soltanto melina finché la Corte costituzionale non traccerà il perimetro entro il quale muoversi. È il ritorno ufficiale sulla scena della politica.

È un’uscita che serve anche a togliere un pezzetto di palcoscenico a Paolo Gentiloni, che in un mese a Palazzo Chigi ha marcato una differenza da Renzi che i sondaggi già rilevano.

Ieri il Corriere ha pubblicato un sondaggio significativo. Renzi scende ancora nel consenso degli italiani. Bocciato al referendum, ri-bocciato nel post-referendum. Non è stata dimenticata la promessa di lasciare la politica in caso di sconfitta il 4 dicembre. Ma per il segretario del Pd suona un secondo campanello d’allarme segnalato dal Corriere: gli elettori grillini non cedono. Resistono incrollabili nonostante l’incapacità della Raggi a Roma, le giravolte europee, le polemiche sulla post-verità, le retromarce sugli avvisi di garanzia.

La trincea grillina deve preoccupare Renzi. Non solo perché nelle intenzioni di voto il M5s prevale sul Pd, ma proprio per il fatto che quell’elettorato è tetragono, impermeabile a qualsiasi temporale che possa riversarsi sul movimento: tale è la sfiducia verso il resto della politica. E soprattutto verso Renzi, che ne rimane il simbolo.

Al segretario del Pd resta sostanzialmente un’opzione: isolare il fronte populista, grillini e leghisti (sempre più lontani da Forza Italia), e avvicinarsi a Berlusconi. Ricucire un Nazareno bis è quasi un percorso obbligato, soprattutto se la legge elettorale prenderà la piega di un sistema proporzionale. È una partita complicata, perché le clausole del rapporto con il Cavaliere sono complesse, soprattutto in quanto Forza Italia non ha interesse a elezioni ravvicinate. Ma è una partita in cui entrambi hanno da guadagnare: Renzi forse le elezioni a fine primavera, Berlusconi una sponda nel braccio di ferro Mediaset-Vivendi e nella battaglia giudiziaria a Strasburgo verso la riabilitazione. 

Anche se il Cavaliere non si fida più come un tempo, l’accordo è il sentiero più percorribile per Renzi perché Grillo e Salvini sono comunque più inaffidabili. E altrettanto scivolosa è la situazione nel Pd, dove la minoranza interna — che nei mesi scorsi ha chiesto come un mantra la modifica dell’Italicum — ora ostacolerà il Nazareno 2.0 per non avvicinare le elezioni anticipate prima dell’estate. Ma anche i bersaniani si trovano in una tenaglia: da una parte Renzi, dall’altra la nuova “Cosa” di sinistra che sta cercando di aggregare Pisapia. Le vere danze si apriranno tra dieci giorni, fino ad allora sarà tutto uno sgomitare per piazzarsi nella posizione migliore per affrontare i nuovi scenari che disegnerà la Consulta.