Enrico IV, sovrano di Inghilterra agli inizi del XV secolo, guida il suo popolo nel crescente malcontento, causato da guerra, instabilità e miseria. Mentre le sue condizioni di salute peggiorano, si pone inevitabilmente il tema della successione che dovrebbe spettare al primogenito Hal (Timothée Chalamet), Principe di Galles. Quest’ultimo, però, sembra essere il favorito del padre: disperso tra la gente comune, dedito all’alcol e alle donne, Hal esprime tutta la sua reticenza nei confronti del padre e della sua volontà di potenza, a dispetto della sofferenza del suo popolo. A succedergli sarà dunque Thomas, il secondogenito, giovane insicuro e poco autorevole, ma ambizioso e determinato a seguire la via del padre. Il destino non gli sarà però amico: Thomas infatti perderà la vita in battaglia, lasciando il posto ad Hal e alla sua visione, nuova e fortemente osteggiata, di molti consiglieri di corte.



Il Re, ma degli attori emergenti. Trascinato dall’acclamato Chiamami col tuo nome, Timothée Chalamet non basta a dare spessore a questo film, ispirato all’Enrico IV e V di Shakespeare. Compiendo una forzatura letteraria, David Michôd realizza un film storico, indagando la personalità del giovane rampollo ribelle di corte d’Inghilterra, poi divenuto sovrano.



La storia di eserciti e battaglie si gioca molto di più al chiuso delle stanze di palazzo e delle squallide stamberghe della povera gente, dove Enrico aveva scelto di vivere, per molto tempo. Chiamato al potere, dopo la morte dell’odiato padre, con il suo regno cambierà la storia di Francia e d’Inghilterra, almeno secondo Shakespeare.

Il Re è un film piuttosto prevedibile. Parco nel rilasciare emozioni, costringe lo spettacolo in poche scene di massa, mentre affronta dispute morali e strategiche in lunghi dialoghi sussurrati, accompagnati da una musica di battaglia e di avventura che sembra preparare eventi che molto spesso tardano ad arrivare.



Trascurabile nel racconto, Il Re si apprezza più per la messa in scena e per la discreta plasticità degli attori, che sembrano rispondere bene alla guida un po’ schematica e sommaria della regia. Chalamet mostra buone facce, seppur senza essere chiamato a una prova difficile per la sua capacità espressiva, rivelando forse una scarsa credibilità nel ruolo di sovrano, imputabile a fisicità e storia.

Il delfino di Francia, impersonato da Robert Pattinson, per la felicità delle fan, è curioso, stravagante ma fuori luogo, con un fare sbruffone che pare posticcio. Personaggi bidimensionali, tormentati a facce e a parole, ma non supportati dalla storia.

Il filone intimista non è credibile, né sufficientemente profondo. Colpisce ma anche in questo caso rimane più una dichiarazione che l’effetto della storia, l’idea originale di un racconto che parla di sovrani preoccupati più dell’amore e dell’odio dei propri padri (con a carico pesanti traumi giovanili e familiari), piuttosto che da brame di potere, egoismi e vaneggiamenti reali. Una storia che forse si vorrebbe portare a livello della vita, senza successo.