Che fine hanno fatto i ristoranti cinesi nelle grandi città italiane? Nel 2024, è piuttosto facile rispondere. Da una parte, molti si sono mutati in all you can eat convertitisi al triste finto sushi “semplificato” e al dar da mangiare a un tanto al chilo. Dall’altra, si sono sviluppate le trattorie cinesi frutto di investimenti di giovani ristoratori figli di immigrati di lunga generazione, che hanno voluto creare locali gourmet che rivisitano le tradizioni del Celeste Impero con un occhio colto. E i ristoranti cinesi diciamo normali, quelli che stanno in mezzo? Quelli che hanno sempre offerto i ravioli al vapore, l’involtino primavera e tutti i piatti della cucina cantonese internazionale? Si sono quasi eclissati.
Qualcuno però ne resta ancora. Per esempio, lo Shangri-La, a Milano. È uno dei ristoranti cinesi più antichi della città, ed è divertente notare come, sulla stessa strada (via Lazzaretto), a pochi metri, sia situato un altro posticino, il Lon Fon, dalla carriera quasi cinquantennale (ve ne parleremo). Tutt’e due, tra l’altro, sono guidati da donne. La patronne dello Shangri-La, Lisa Hu, è gentile e sorridente. Vi accoglierà in un ambiente che sembra una citazione virgolettata del ristorante cinese come lo si intendeva negli anni Settanta-Ottanta: parquet, legni scuri, atmosfera ovattata, persino l’acquario dove nuotano i pesci orifiamma.
Lo stuolo di camerieri è perfettamente all’altezza del compito, ricordandosi anzi di voi se col tempo diventate clienti frequenti.
La cucina è un misto di pietanze hongkonghesi e cantonesi, ma qui c’è sempre stato un capitolo riservato alla cucina thailandese. Per cominciare, gli antipasti: croccante e piccino il doppio involtino primavera, qui chiamato semplicemente involtino con verdura (3 euro). Decisamente ghiotta la lista dei ravioli. I classici al vapore di forma allungata sono quelli detti “pechinesi” (5 euro), disponibili anche alla griglia (5,50 euro). Poi ci sono quelli tondi di Shangai (5,50 euro) e gli Xiao Long Bao, anch’essi di Shangai e caratterizzati dal ripieno di carne e brodo (7 euro). Tra i più particolari, i ravioli al vapore con l’anatra (9 euro), quelli con la capasanta (13 euro) e quelli con l’astice (16 euro).
Per proseguire, una lunga liturgia di piatti per tutti i gusti. I grandi classici non mancano: un croccantissimo maiale in agrodolce (9 euro), il pollo alla Kong Pao (8 euro), la mezza anatra alla pechinese (35 euro). Qualcosa di più inatteso? La polpetta di maiale con pesce salato al vapore (9 euro); i gamberi con asparagi (12,50 euro); le melanzane con carne in salsa piccante (6 euro); il filetto d’anatra con salsa di prugne (12 euro). È presente all’appello anche la lunga serie di spaghetti di soia o di riso con vari accompagnamenti, oltre all’immancabile riso alla cantonese (6 euro).
Qualche altra sorpresa arriva dai piatti thailandesi, di cui citiamo in ordine sparso: insalata di manzo con limone (11,50 euro); zuppa di frutti di mare con salsa al cocco (9 euro); pollo in salsa d’aglio (9 euro); manzo al curry rosso o al curry verde (ambedue 10 euro), questi ultimi davvero luculliani.
I dessert offrono una selezione di dolci industriali italiani, a cui sono senz’altro da preferirsi quelli cinesi casalinghi: frutta fritta (6 euro), torta di soia (5,50 euro), dolce di cocco e mais (5,50 euro).
Da bere, con una simile cucina è meglio il tradizionale tè, ma è presente una carta dei vini con una trentina di referenze. I prezzi sono rimasti molto vantaggiosi.
Il Pagellone del Ristonauta
(voti dall’1 al 10)
Shangri-La
Via Lazzaretto, 8
Milano
Chiuso il martedì a mezzogiorno
Antipasti: 7,5
Primi: 7
Secondi: 7
Dessert: 6,5
Vini: 6,5
Location: 8
Servizio: 8
Toilette: 7
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