Nei giorni in cui si ricordano i vent’anni dal debutto di Conte in maglia bianconera proprio Conte ha definitivamente trovato il suo erede: Claudio Marchisio. A dire il vero, la mezzala goleador della Juve (5 reti in 10 partite) oltre alle caratteristiche che hanno fatto la fortuna di Conte (grinta, determinazione, capacità di soffrire, abilità negli inserimenti) ricorda molto anche Marco Tardelli: fisico asciutto, corsa da gazzella, “cannibalesca” voglia di portare via il pallone agli avversari. Marchisio è il simbolo della vittoria contro il Palermo, senza dubbio il migliore in campo in assoluto, con una gara di volontà impreziosita da alcuni numeri di palleggio e da un gol bello per prontezza di inserimento e per conclusione balistica di finezza e precisione.

Oltre a Marchisio, però, la vittoria con il Palermo è legata al prepotente ritorno di un altro protagonista che negli ultimi tempi sembrava in effetti un po’ appannato: Gigi Buffon. Anche in questo caso, aiuta una ricorrenza: con la partita di ieri il numero uno della Juve e della Nazionale ha eguagliato le presenze di un certo Combi, portiere mitico della Juve degli anni Trenta, quella dei cinque scudetti di fila e dell’ossatura regalata all’Italia di Pozzo per arrivare a vincere il primo Mondiale nel 1934. Ora davanti a Buffon come presenze in bianconero ci sono solo il monumento Dino Zoff e Stefano “Tarzan” Tacconi.

Tornando alla partita, ancora una volta è scesa in campo una bella e muscolosa Zebra. Le idee di Conte, soprattutto in casa, nello Juventus Stadium, cominciano a essere ben metabolizzate. La difesa non butta mai via la palla, cerca di giocare d’anticipo, soprattutto con Barzagli e Chiellini, mentre con Bonucci imposta l’azione anche per cercare di sottrarre Pirlo alle marcature asfissianti.

A proposito dell’ex milanista. A inizio stagione si diceva che la squadra di Conte fosse troppo dipendente da Pirlo. Oggi però la Juve ha una sua fisionomia di gioco che può prescindere anche da lui. Quando pure viene a mancare il suo apporto geometrico, Pirlo garantisce e trasmette ugualmente alla squadra quella tranquillità che negli anni scorsi era sempre manifestamente mancata.

Bella e muscolosa, si diceva. Infatti quando fraseggia o riparte palla a terra la Juventus ricorda in parte il Barcellona: anche ieri il possesso palla è stato nettamente vinto dalla Juve, ben 13 minuti in più degli avversari. Segno che una trama di gioco c’è e che i giocatori la sanno svolgere, ciascuno con il proprio compito. Bella, dunque, ma anche muscolosa: lo Juventus Stadium esalta l’abnegazione, la trance agonistica, la spinta offensiva della squadra, che lotta, corre, ringhia in ogni zolla di campo.

Dopo dieci partite, il bilancio di Conte è più che positivo. La Juve è l’unica squadra imbattuta, ha totalizzato sei vittorie e quattro pareggi. Ed è tempo quindi di stilare la pagella del primo quarto di campionato.

Buffon: 6,5. E’ partito spento e un po’ imbambolato. Ha preso gol che il “vecchio” Buffon non avrebbe mai incassato. Ma dopo nove partite così così (almeno stando al suo ranking) con il Palermo è tornato ai fasti migliori. 

Liechtsteiner: 7+. Corre, ara il campo come faceva il miglior Gentile sulla fascia destra, deve un po’ migliorare nelle diagonali difensive. Comunque ha fatto dimenticare in fretta Motta e soprattutto Grygera.

Barzagli: 8. Uno dei migliori. Dimenticata la zona suicida di Delneri, con Conte l’ex difensore del Wolfsburg ha ritrovato lo smalto e gli anticipi dei tempi migliori, cioè di Berlino 2006. Una roccia, una sicurezza per l’intero reparto.

Bonucci: 6,5. Ha iniziato intimidito, ancora arrugginito dalle amnesie dell’ultimo campionato. Ma le urla di Conte lo hanno riportato in fretta sulla terra. Ha ritrovato gran parte delle antiche sicurezze. Può migliorare ancora molto, specie nella cattiveria agonistica.

Chiellini: 7. Ha avuto momenti di pericoloso sbandamento, ma ha dimostrato che pur barcollante non ha voluto ritirarsi a bordo ring, ma ha trovato la forza (e la fiducia di Conte) per venirne fuori. Quando gioca all’inglese, non ha eguali in Italia e infiamma lo Juventus Stadium, che ha bisogno sì di artisti, ma anche di gladiatori.

Pirlo: 7,5. E’ partito alla grande fin dall’esordio in campionato. Ha preso subito in mano le redini del gioco, è entrato nel cuore dei tifosi, è sembrato juventino dalla nascita. Nelle ultime partite, però, ha fatto registrare qualche scricchiolio e qualche passaggio a vuoto. Ma in mezzo al campo resta indispensabile. E poi gli bastano poche illuminazioni a partita.

Vidal: 7,5. A Monaco di Baviera il vecchio Kalle Rummenigge e i tifosi del Bayern sono ancora lì che “rosicano” per il mancato acquisto. Il cileno è un uomo ovunque: difende come Oriali nella finale dell’82, corre come Gattuso nella finale del 2006, sta diventando importante come Didier Deschamps lo era nella Juve di Lippi. Una vera sorpresa.

Marchisio: 9. Un gigante. Ha fatto enormi progressi. Oggi è uno dei centrocampisti più completi e più forti d’Europa. Ha tutto: cuore, polmoni, cervello e piedi sopraffini (ma quando serve diventano degli arpioni). Immenso.

Pepe: 7. Grande generosità, ha ritrovato la grinta e il brio che lo aveva contraddistinto negli anni di Udine. Un monumento alla generosità e all’altruismo. Non fa rimpiangere Krasic (a proposito, dov’è finito Milos? Mandateci dei segnali…).

Vucinic: 6,5. Ha qualità da campione sudamericano, ma anche la tipica indolenza degli slavi. Potrebbe essere un numero uno se smettesse di giocare in pantofole e si ricordasse che le partite durano 90 minuti, cioè per altrettanti minuti bisogna restare convinti e concentrati. 

Matri: 6,5. Ricorda un po’ Trezeguet e un po’ Padovano. Del primo ha lo stesso senso del gol: basta mettergli un pallone giocabile in area. Del secondo ha la rapidità e la potenza del tiro. Vorrebbe anche correre come Boksic su tutto il fronte d’attacco, ma francamente non gli si può chiedere di cantare e di portare la croce. L’importante è che segni, a correre ci pensano Pepe e Vidal.

Conte: 8,5. Ha dato un’anima e un gioco a una Juventus smarrita, insicura e intimidita. Nelle prime giornate urlava come un ossesso (segno che la squadra era ancora nella fase di apprendimento), ora è più tranquillo (segno che la Juve sta cominciando a ripetere a memoria la lezione). Orgoglioso e ambizioso: probabilmente era quello che ci voleva per dare la scossa a tutto l’ambiente. Continui così.