Sulla carta doveva essere una partita già segnata. La Roma arrivava da due sconfitte consecutive, l’ultima addirittura aggravata da tre espulsioni. Ai giallorossi mancavano sette giocatori, tanto che per mettere insieme un undici minimamente sensato (visto che mancavano la difesa e il centrocampo titolari) Luis Enrique ha dovuto spostare De Rossi nel ruolo di centrale a fianco di Heinze (alla fine, due dei migliori in campo) e ha dovuto lanciare nella mischia una mediana di scapigliati (poco più di 60 anni in tre) formata da Lamela, Greco e il debuttante Viviani. In più, a complicare la situazione in casa romanista, aleggiavano nell’aria le dimissioni dell’allenatore. Insomma, tutto sembrava congiurare contro la Roma e favorire la Juventus. Invece…

Invece il calcio ha dimostrato ancora una volta la sua bellezza e imprevedibilità. Nel gioco più bello del mondo non c’è niente di matematico o di scontato. Non è mai solo questione di nomi o di schemi tattici. Entrano spesso in gioco variabili intangibili che modificano e spostano anche gli equilibri (o gli squilibri) più evidenti e consolidati. Così, alla fine, la sfida dell’Olimpico, che come avevamo profetizzato resta un campo ostico anche se nel recente passato ci ha regalato parecchie soddisfazioni, ha offerto uno spettacolo vibrante di intensità ed emozioni dal primo al novantesimo minuto. Merito della Roma, coraggiosa ma anche quadrata (è una delle pochissime squadre che possono vantare finora un possesso palla superiore a quello della Juve), e merito della (quasi) solita Juventus, tutto cuore e grinta.

Colpita a freddo, dopo soli cinque minuti, da un “gollonzo” che sta interamente sulle spalle di Vidal, la squadra di Conte ha dapprima reagito rabbiosamente, poi ha cercato di alzare il ritmo della partita dedicandosi al solito asfissiante pressing, ma la Roma ha avuto il merito di reggere l’urto. Anche perché si è trovata di fronte una (quasi) solita Juve. Il quasi è legato alla prova sottotono, rispetto alle ultime sfavillanti prestazioni, offerta da Marchisio. Nel primo tempo il Principino ha fatto fatica, come Pirlo, a trovare la giusta posizione, a differenza di Pepe e Vidal, che invece riuscivano ad aggredire campo e avversari. Nel secondo tempo, poi, Marchisio ha subìto un duro colpo che lo ha menomato e condizionato per il resto della partita. Era come se corresse e giocasse un po’ “strozzato”. Venuto meno uno dei polmoni della squadra, il centrocampo juventino, sebbene supportato da un esuberante Lichtsteiner, faticava a esercitare la pressione necessaria e sufficiente per mettere alle corde la mediana avversaria. In più Pirlo, marcato a vista da Pianjc, dettava – come al solito – i tempi alla squadra, ma non era nelle condizioni di dare il colpo d’ala. E sulla sinistra Estigarribia, che ben si era comportato contro il Napoli fronteggiando Maggio, con Taddei non riusciva a ripetersi agli stessi alti livelli.

Il centrocampo juventino è sembrato a tratti un po’ stanco, anche perché, a parte Pazienza, non esistono ricambi in grado di far rifiatare i titolari. Su questo fronte la dirigenza bianconera dovrà lavorare durante il mercato di gennaio, perché è impensabile spremere Marchisio, Pirlo e Vidal fino a fine stagione giocando ai ritmi forsennati imposti da Conte.

Le buone notizie arrivano dalla difesa. Barzagli continua a giganteggiare (splendida nel secondo tempo una sua diagonale difensiva nel cuore dell’area juventina), Bonucci è in evidente ripresa e Chiellini sembra sempre più a suo agio nel ruolo di esterno basso sinistro. Buffon, poi, ha parato pure il rigore di Totti che avrebbe potuto ammazzare la partita, visto che è arrivato un paio di minuti dopo il pareggio di Chiellini.

Qualche problema invece si nota in attacco. La Juve è squadra che segna molto sugli inserimenti da dietro. Giocare con un’unica punta, costretta oltre tutto a un faticoso lavoro di spola su tutto il fronte offensivo, limita un po’ la pericolosità della squadra, anche perché Matri tende a giocare spesso spalle alla porta e la manovra non sempre riesce a lanciarlo a rete. Su questo aspetto Conte deve ancora trovare la soluzione giusta, soprattutto adesso che manca una spalla importante come Vucinic.

La partita con la Roma dimostra che nessun campo è facilmente espugnabile e che i tre punti vanno sempre conquistati con sacrificio, abnegazione e umiltà: forse è un po’ questa la dote che è mancata alla Juve, illusa dalle sette assenze giallorosse che sarebbe stata una passeggiata. La lezione va subito imparata a memoria, perché domenica allo Juventus Stadium arriverà il Novara. E i tre punti sono d’obbligo, guai distrarsi.