Antonio Conte ha vinto la “partita del cuore” e ha portato a casa i 3 punti. E’ già un grande risultato, perché negli ultimi due anni la Juve ha sofferto molto contro le provinciali, lasciando sul campo troppi punti preziosi. Quindi è giusto essere contenti per la vittoria, ma rispetto all’esordio con il Parma la Juventus ha mostrato qualche problemino in più. Pochi progressi rispetto a domenica scorsa e la conferma che la fascia sinistra resta un palcoscenico in cerca dei giusti interpreti.

Andiamo però con ordine. Perché la partita del cuore? Perché Conte l’anno scorso ha riportato il Siena in Serie A e nella città del Palio ha lasciato un ottimo ricordo. Quindi, dopo l’esordio casalingo, la prima trasferta del campionato presentava una piccola incognita: Conte doveva superare il doppio esame psicologico e tattico. Sul fronte dell’emozione, l’allenatore juventino non ha avuto il benché minimo cedimento: concentrato sulla nuova avventura non ha smesso di gridare, guidare e incitare i suoi. Sul versante tattico, invece, avendo lasciato nei giocatori del Siena un ricordo chiaro del suo modulo di gioco, qualche problema c’è stato. Sannino, allenatore del Siena e già ottimo tecnico del Varese, ha potuto giovarsi dei suggerimenti dei suoi giocatori e ha impostato una partita di corsa, ritmo e grinta. L’obiettivo: togliere spazi e tempi a Pirlo (molto bella la sfida nella sfida con il regista del Siena D’Agostino) e aggredire gli spazi laterali con Brienza e Mannini, giocatori di buona tecnica, opposti a Grosso e Lichtsteiner. All’inizio un po’ di sofferenza, anche perché Marchisio ha mostrato una minore brillantezza e una minore determinazione rispetto alla sfida con il Parma. Poi, piano piano, pur senza strafare né incantare, la Juve ha preso gradualmente le misure al Siena e in fondo ha meritato la vittoria in virtù di una maggior numero di occasioni create.

Ma proprio su brillantezza fisica e determinazione dovrà ora lavorare Conte in vista della partita di mercoledì sera contro il Bologna. La Juve ha chiuso l’incontro un po’ in affanno fisico, subendo lo sforzo finale del Siena. E troppi giocatori hanno mostrato un po’ troppa sufficienza, nell’atteggiamento mentale e nei tocchi. Oltretutto la squadra di Conte, nata e costruita per correre e aggredire, non ha gli interpreti giusti per fare quella melina che troppo presto è stata adottata dopo il vantaggio ottenuto da Matri, sull’unico spunto vincente messo a segno da un Vucinic affetto da troppe amnesie e mollezze.

Guardando invece ai reparti, buone conferme sono arrivate dalla difesa, a partire da Lichtsteiner, che ricorda molto nella spinta Torricelli e nella fase difensiva Cuccureddu, giocatore tosto e molto disciplinato. Molto bene Barzagli nelle chiusure (sembra in parte tornato quello del Mondiale 2006), meno lucido nell’impostazione del gioco. Chiellini senza infamia e senza lode. Grosso, come De Ceglie,  si dimostra un po’ troppo timido per quelli che sono gli schemi e i compiti di sostegno agli esterni alti che impongono il gioco preferito da Conte. Discorso a parte per Buffon. Seconda partita da spettatore in campo, ma seconda incertezza: domenica scorsa un’uscita con le mani a saponetta, questa volta un ghirigoro da batticuore di troppo prima di rinviare con i piedi un pallone che bastava destinare subito alla tribuna.

Nel centrocampo a due, una buona prova di Pirlo, anche se il direttore d’orchestra bianconero ha infilato un paio di stecche (roba da collezione per uno come lui che ha i radar nelle scarpette…). Marchisio meno incisivo e lucido rispetto alla prima partita: troppi tocchetti inutili e qualche pallone di troppo perso.

Quanto all’attacco, è il reparto dove si registrano i ritardi maggiori sulla tabella di marcia: né Matri né Vucinic si sono ancora calati appieno negli schemi e la manovra ne risente, risultando poco incisiva e pericolosa.

Infine, gli esterni alti. Pepe si è dannato l’anima, ma non ha confermato la bella impressione lasciata contro il Parma, mentre Giaccherini è ancora ingabbiato dall’emozione. Ora per rivitalizzare il ruolo aspettiamo il ruggito di Krasic, dopo che Conte gli ha ruggito in faccia quello che pretende da un campione come lui.

Chiusura d’obbligo con Arturo Vidal, sempre più “re Leone” (ci spiace per Batistuta…) di questa rubrica. Il cileno ha grinta, aggredisce gli avversari come il miglior Furino, si inserisce con galoppate che ricordano Tardelli e non esita a tirare in porta con discreta potenza alla Romeo Benetti. Un solo giocatore che raggruppa le caratteristiche di uno dei reparti di centrocampo juventini più forti: con la diga Tardelli-Benetti-Furino la Vecchia Signora di Trapattoni conquistò nel 1977 uno scudetto-record a 51 punti (le vittorie da tre punti ancora non esistevano) e la prima Coppa Uefa della storia bianconera.