Vittoria al veleno. A Catania la Juventus ha rivisto i fantasmi del passato, che sembrano non passare mai. E’ vero, il gol di Bergessio era regolare, gli assistenti di Gervasoni hanno sbagliato, ma uscire dal campo accompagnati dal coro “Ladri, ladri” dopo aver giocato una partita in cui si è tirato in porta nove volte, costringendo il portiere Andujar ad almeno cinque parate decisive, mentre Buffon ha mantenuto i guanti intatti e puliti come all’ingresso in campo (al massimo si è sporcato la parte sinistra della maglia in occasione del tuffo che ha preceduto il tocco in rete di Bergessio), è un po’ troppo.
La delusione dei siciliani è comprensibile, la rabbia e gli insulti un po’ meno. Rabbia che forse ha involontariamente indotto lo stesso atteggiamento tenuto dalla Juventus. Mentre i catanesi ci hanno messo grinta e grande impegno, i bianconeri hanno avuto una buona partenza, cui è seguita una fase centrale del primo tempo più equilibrata, poi una ripresa giocata al piccolissimo trotto. Dunque, la Juventus ha vinto camminando, il Catania ha perso correndo a mille (soprattutto quando è rimasto in dieci). E visto che mezzo stinco di Bendtner era al di là dell’ultimo difensore rossoblù in occasione dell’azione che ha portato Vidal a segnare il gol della vittoria, l’equazione è completa: la Juventus ha “rubato” la partita. Ma forse chi tira queste conclusioni affrettate dovrebbe ragionare un po’. Per esempio: il gol di Bergessio sarebbe stato decisivo per mettere ko una squadra che ha saputo rimontare tre volte su tre in altrettante partite in Champions League, due volte fuori casa (a Londra con il Chelsea, sotto addirittura 0-2, e a Copenhagen con il Nordsjaelland)? Può darsi, ma dall’anno scorso la squadra di Conte ha sempre dimostrato che quando va in svantaggio reagisce rabbiosamente, moltiplica gli sforzi, alza i ritmi della gara, si dedica all’occupazione sistematica dell’altrui metà campo, getta nell’agone una cattiveria agonistica che stordisce, logora e spesso annichilisce gli avversari. Contro il Catania non è successo, un po’ perché la Juventus non è andata in svantaggio, un po’ perché (visti gli impegni ravvicinati contro Bologna, Inter e Nordsjaelland in dieci giorni) ha voluto risparmiare un po’ di energie fisiche e nervose. Ma è anche vero che, avesse solo passeggiato un po’ meno, per gran parte della partita la Juventus dava l’impressione di poter arrivare con frequenza e pericolosità davanti ad Andujar.
Una Juventus svogliata, comunque, che non aveva alcuna intenzione di alzare troppo i ritmi e di travolgere gli avversari. Una Juventus frenata anche dalla giornata storta di alcuni suoi protagonisti.
Partiamo prima dai “migliori”. Ottimo Barzagli, quasi perfetto nelle chiusure; bene anche Bonucci, salvo una piccola sbavatura su un disimpegno all’indietro verso Buffon (ingiudicabile perché mai seriamente impegnato); ok Chiellini, meno frenetico del solito; più che sufficiente Pirlo, anche se non ha disegnato traiettorie e parabole finissime, ma ha tenuto sempre legato il gioco di una squadra in cui si faceva fatica a trovare compagni smarcati. Nota lieta, poi, il ritorno di Vidal a livelli da… Vidal: niente di stratosferico, certo, ma il cileno si è lasciato momentaneamente alle spalle le scialbe prove mostrate contro Shaktar, Napoli e Nordsjaelland e ha ripreso a recuperare palloni, a fare da incursore e a non sbagliare in fase di impostazione. Molto vivace Giovinco, che ha dato una piccola scossa a una Juventus soporifera. Promosso, infine, con sufficienza risicata, anche Bendtner: ha dato un po’ più di profondità alla squadra e ha colpito pericolosamente di testa in un paio di occasioni, anche se dà l’impressione di essere macchinoso nei movimenti e nelle progressioni. Da rivedere, insomma, ma non da bocciare senza appello.
Le note positive, però, finiscono qui. Sulle fasce, infatti, sia Lichtsteiner che Asamoah hanno fatto molta fatica a uscire dal guscio e a vincere i duelli con i rispettivi dirimpettai (soprattutto il ghanese nei duelli con Izco). Quanto a Vucinic, la convalescenza si è fatta sentire: fisicamente abulico, tatticamente avulso dal gioco, lento, senza guizzi: giusta la sua sostituzione (che tra l’altro Alessio ha ritardato anche troppo). Passo indietro evidente, invece, per il giovane Pogba: decisivo contro il Napoli, molle e supponente contro il Catania. La Serie A non sarà la Premier League o la Liga spagnola, ma nemmeno un campionato Under 21: il pallone tra i piedi, dopo due tocchi al massimo, va passato e non tenuto, altrimenti te lo portano via e il giovane francese più volte si è impappinato. Se vuole diventare – come lui stesso ha dichiarato – “il più forte del mondo” deve ancora mangiarne di erba e contro il Catania ha fatto rimpiangere molto l’assenza di Marchisio. Ora, vista la squalifica di Vidal, ha l’occasione per riscattarsi subito contro il Bologna: mercoledì mandi un bel ruggito. Come, del resto, dovrà fare la stessa Juventus, altrimenti fantasmi, polemiche e insulti continueranno a non darle tregua.