Per la prima volta dall’inizio del campionato ha giocato una squadra nuova: si chiama Sutnevuj, o più semplicemte Evuj. Ha la maglia bianconera come la Juventus, o più semplicemte la Juve. Schiera gli stessi giocatori. Gioca con lo stesso modulo 3-5-2. Ma questa Sutnevuj è l’esatto contrario della Juventus. Avete presente la squadra forgiata e allenata da Conte? Furore agonistico, determinazione assoluta, vigoria nei contrasti, movimento continuo, tourbillon di passaggi, fraseggi, verticalizzazioni e inserimenti da dietro, 90 minuti a cento all’ora. Quella vista contro il Milan è invece stata come la sua immagine vista in negativo: una squadra svogliata, svagata, molle, irritante, inoffensiva, statica, 90 minuti a 30 all’ora, con il freno a mano tirato, la frizione pigiata e il piede quasi mai sull’acceleratore. Questa brutta copia di squadra si chiama appunto Sutnevuj, è l’altra faccia – come deformata in uno specchio convesso –della Juventus che abbiamo imparato a vedere e apprezzare nelle 55 partite della gestione Conte-Carrera-Alessio.
La partenza della Juve è da brividi. E’ come se gli undici bianconeri scesi in campo a San Siro avessero lasciato testa e muscoli allo Juventus Stadium, ancora lì a giocare, a combattere, a piegare il Chelsea. Il 3-0 ai Blues ha tolto, anzi letteralmente succhiato, smalto e concentrazione. Non un contrasto vinto (talvolta nemmeno affrontato), movimenti lenti, idee appannate, gioco prevedibile e ritmo da vecchia Trabant arrugginita e ammaccata. E dall’altra parte? Niente di trascendentale, è bastato un Milan ben messo in campo, organizzato e attento in fase difensiva, in leggera ripresa, sì, ma ancora convalescente, che ha gettato nella mischia tutte le energie – mentali prima e fisiche poi, soprattutto nel secondo tempo – per portare a casa una vittoria contro la Juve più rinunciataria e debilitata della gestione Conte-Carrera-Alessio (anche se contro Fiorentina e Inter già si era intravista questa deformazione-involuzione).
L’emblema della partita sta tutto nel gesto di Isla che provoca il rigore: a velocità naturale la decisione della troupe arbitrale (ormai non è più una terna…) non fa una grinza, e solo la moviola (sul campo se ne accorgono soprattutto Bonucci e Caceres) mostra che a respingere il colpo di testa di Nocerino non è tanto il braccio di Isla, quanto la sua schiena. Ma non è qui il punto. Il punto sta nel goffo, disperato e suicida movimento di Isla in area bianconera: saltando con il braccio così largo non fa altro che indurre l’arbitro o un suo assistente a fischiare il rigore. Movimento goffo, come goffa è stata in certi frangenti la condotta degli uomini di Alessio; disperato, come l’inutile e velleitario assalto finale, dopo aver regalato l’intero primo tempo ai rossoneri; suicida, come tale è stato l’atteggiamento degli juventini che hanno regalato metri e occasioni agli avversari con una condotta tattica scriteriata: reparti slegati, esterni che non hanno mai cercato l’uno-contro-uno sbagliando pure tonnellate di cross, attaccanti totalmente incapaci di tenere palla e di incidere sulla difesa rossonera. Risultato? La Juve nel primo tempo non ha tirato mai in porta e non ha creato il benchè minimo pericolo ad Amelia. Un po’ meglio è andata nella ripresa, quando l’ingresso di Padoin (più voglioso di Isla, anche se incapace come il cileno di superare Constant nei traversoni e nelle percussioni) e di Giovinco (un paio di spunti pericolosi e alcuni tentativi di dettare passaggi in profondità) ha permesso alla Juve di creare qualche apprensione a Mexes e compagni.

Per il resto, tanti, troppi regali, al Milan, bravo a pressare una Juve stanca e svagata, dove Pirlo e Bonucci hanno giocato con troppa sufficienza e troppa imprecisione, dove Marchisio non è mai riuscito a infilarsi tra le maglie della retroguardia milanista e soprattutto dove Vidal, spremuto fisicamente dal ciclopico lavoro svolto contro Lazio e Chelsea, è incappato in una delle sue serate da dimenticare in fretta: nessun pallone recuperato, tiri da lontano velleitari, mille passaggi e appoggi sbagliati.
Quanto ai singoli, si è salvato solo Barzagli, l’unico a meritare la sufficienza piena: bravo a limitare El Shaarawy, a chiudere sugli attaccanti avversari e pure a rimediare a un tocco improvvido di Buffon che rischiava di lanciare a rete il Faraone. Per il resto, serata di black out generale, sia in campo che in panchina. 
La seconda sconfitta in campionato è da archiviare subito. Come va cancellata subito la presenza in campo di questa strana e abulica squadra di nome Sutnevuj, o più semplicemte Evuj. Sabato prossimo nel derby con il Toro e soprattutto mercoledì 5 dicembre nell’ultima sfida di Champion’s a Donetsk contro lo Shaktar deve tornare in campo la squadra che conosciamo, di nome Juventus, o più semplicemente Juve. Undici leoni, non undici fantasmi.