La tempesta perfetta, quella che molto probabilmente aveva chiesto Antonio Conte alla squadra per ritrovare la scia dello scorso anno, dopo settimane di bonaccia e di navigazione a vele ripiegate. La tempesta perfetta, quella invocata dai tifosi per diradare le nubi accumulatesi negli ultimi tempi, soprattutto dopo la sconfitta contro l’Inter. La tempesta perfetta, quella che si è abbattuta sui danesi del Nordsjaelland (20 tiri totali della Juventus) scatenata da una squadra, vecchia e nuova nel contempo.
Sì, squadra vecchia, non in senso anagrafico o come sinonimo di stanca. Squadra vecchia nel senso di squadra che ha riproposto, con intensità e continuità straordinarie, i dettami fisico-tattici dello scorso anno: tanto pressing alto, a volte addirittura altissimo, utile per impedire ai palleggiatori danesi di tessere il filo paziente e ordinato del loro gioco, un gioco fatto di una fitta rete di passaggi e che per 70 minuti aveva imbrigliato il Chelsea e per 45’ aveva ipnotizzato la Juventus nella partita di andata a Copenhagen. Stavolta la Juventus ha deciso di non aspettare, di non traccheggiare. Anzi, ha aggredito, asfissiato, compresso gli avversari, totalmente impossibilitati a verticalizzare il gioco. Senza ritmi forsennati, ma non concedendo e concedendosi pause, Pirlo e compagni hanno chiuso e sigillato nella loro metà campo i giocatori del Nordsjaelland: giocatori impauriti, confusi, in balìa dei bianconeri. Nel giro di mezz’ora la Juventus ha collezionato tre gol, due occasionissime con Marchisio e Isla, una traversa con Matri. E i danesi? Non solo zero tiri in porta, ma pure solo qualche attimo con il naso fuori dalla loro metà campo.
Ritrovata la vecchia Juventus nello spirito agonistico e nell’approccio mentale alla partita, Conte ha tirato fuori dal cilindro una novità assoluta. Dal punto di vista tattico la Juventus ha giocato con un inedito 3-1-4-2. Poco oltre la solita, e solida, linea difensiva Barzagli-Bonucci-Chiellini, Pirlo ha giostrato da playmaker arretrato (in fase di impostazione) e da rifinitore (in fase di pressione sulle rimesse danesi). Davanti a lui, una linea di centrocampo offensiva a quattro: Isla-Vidal-Marchisio-Asamoah, disposti larghissimi, a coprire tutta l’ampiezza del campo, con i due esterni molto alti (come vuole Conte), in modo tale da poter allargare sempre il gioco (soprattutto su un Isla che sta ritrovando il passo e la convinzione dei tempi di Udine). In prima linea, la coppia Giovinco-Matri. Un modulo mai visto, ma da riprovare, perché garantisce alla Juve una pressione maggiore, un’assistenza agli attaccanti più assidua, una varietà di soluzioni in fase di impostazione sia per Pirlo, sia per Bonucci.
Chiaro, il Nordsjaelland non è squadra blasonata, lo schema 3-1-4-2 va rivisto con avversari più tosti e più pericolosi, ma ciò che conta è aver introdotto una variante tattica che rende la Juventus di Conte meno prevedibile.
Detto della squadra, i giudizi sui singoli. Per Buffon un solo intervento, tanto per sporcare i guanti. Barzagli ha annullato John. Bonucci sicuro e imperioso nell’impostazione. Chiellini ruvido ma autoritario, anche se in un paio di occasioni un po’ arruffone. Pirlo immarcabile, ha messo in mostra tutto il suo proverbiale repertorio: lanci penetranti, aperture smarcanti, passaggi millimetrici, palleggi funambolici, dribbling efficaci, controllo del pallone e del gioco in assoluta sicurezza. Isla molto vivace e senza sbavature. Vidal che ha riportato in campo i suoi abiti da guerriero (splendido il gol di rapina con inseguimento dell’avversario fin sulla linea di fondo campo). Per Marchisio non ci sono parole né aggettivi: corsa fluida, pressing asfissiante, inserimenti letali, un gol da vero attaccante e un missile da fuori area che ha piegato falangi, falangine e falangette di Hansen. Asamoah tatticamente perfetto, ma quelle finte e controfinte di troppo sono un difetto da correggere: sa essere più essenziale. Molto bene anche Giovinco: meno personalismi, meno tocchi in eccesso, un gol di rara bellezza e precisione balistica. Merita invece un discorso a parte Matri: non ha giocato male, anche perché ha colpito una traversa, ha mandato in gol Quagliarella, si è presentato un paio di volte a tu per tu con il portiere avversario. Deve però ritrovare sicurezza, cattiveria, autostima. Insomma, in una partita che poteva diventare una trappola la Juve è tornata a ruggire come sa. Ora, sotto con il Pescara e, in ottica Champion’s, pronti a una sfida leonina con il Chelsea.