Quarto minuto della ripresa: Lichtsteiner ha appena portato in vantaggio la Juventus. In panchina Conte esulta, solo pochi attimi, zeppi di urla e di abbracci con il suo staff, poi richiama con veemenza Pirlo e Chiellini, impartisce le ultime disposizioni, corregge la posizione tattica, sprona al massimo impegno. In questo fotogramma sta tutta l’essenza della vittoria numero 12 della Juventus in questo campionato.
Dopo quattro mesi Antonio Conte ha così riconquistato con la solita autorevolezza e grinta la sua panchina e la sua squadra, quella che ha forgiato l’anno scorso nell’acciaio e nel granito. E infatti, ottenuto il vantaggio – su un campo reso impraticabile dopo una violenta grandinata nell’intervallo, che ha trasformato il terreno di gioco in un paludoso acquitrinio – per una quarantina di minuti si ammira Pirlo che non solo fa Pirlo tra una pozzanghera e l’altra, ma si trasforma pure in un redivivo Furino (il piccolo grande mediano gladiatore degli anni Settanta) andando a contrastare in tackle gli avversari, mordendo le caviglie altrui, lui che di solito è abituato a sentire i tacchetti dei suoi marcatori.
Sì, Conte è proprio tornato sulla sua panchina e si è fatto subito sentire e seguire dalla sua squadra: nessun calo di tensione, tutti a remare nella stessa direzione, tutti campioni e gregari nello stesso tempo. E’ quel 20% in più di carattere e di determinazione che solo Conte può trasmettere, come una scossa osmotica, ai suoi giocatori, ai suoi seguaci.
Ma la vittoria di Palermo, meritata per le occasioni create e sofferta per le occasioni sprecate, è frutto anche di un colpo di genio che sembra uscito dalla lampada di Aladino. Un colpo di Vucinic che per tre secondi si traveste da Ibrahimovic. Scocca il 49° minuto quando Pirlo recupera a metà campo un pallone che si impantana; alza lo sguardo, scorge l’uno contro uno di Vucinic contro Van Bergen; lo serve in profondità con un pallonetto; il montenegrino fa a sportellate con il difensore avversario, vince il contrasto aereo, addomestica il pallone e poi, con una magia uscita dal cappello di un prestigiatore, con un morbido colpo di tacco mette su un piatto d’argento il pallone a Lichtsteiner, che come un Pendolino svizzero si fionda nell’area del Palermo e a tu per tu con Ujkani lo trafigge con un siluro.
Eppure nel primo tempo la squadra allenata da Gasperini (che in casa vanta un ottimo ruolino di marcia) era riuscita a tenere bene la Juventus, anzi la prima vera occasione era capitata addirittura ai rosanero con una cannonata da fuori area respinta con i pugni da Buffon. I bianconeri sembravano ancora aver lasciato un po’ di testa e un po’ di gambe alla Donbass Arena di Donetsk. Reparti non proprio compatti, giocatori non al massimo della brillantezza, qualche tossina nei muscoli. La Juventus è partita non a mille, la carburazione è stata lenta, durata circa mezz’ora, poi con Vucinic (che colpisce il palo con un tocco a due metri dalla porta), Matri (smarcato davanti al portiere da un passaggio alla Platini di Vidal) e Marchisio hanno costruito tre limpide palle-gol non finalizzate. Nella ripresa, dopo un bel diagonale di Vucinic che va a scheggiare il palo esterno, la partita si è messa ben presto sul binario giusto grazie al gol di Lichtsteiner. Poi sul campo è tornata a vedersi la “solita” Juventus contiana: tanto pressing alto, massima concentrazione e abnegazione generale da parte degli undici in campo.
Buffon, intanto, ha passato la solita domenica da spettatore (soprattutto nei secondi 45 minuti). Barzagli non ha sbagliato un intervento: ormai la sua regolarità di rendimento ha dell’incredibile. Bonucci è stato molto bravo in difesa e nell’impostazione, addirittura ha cercato una sortita alla Scirea, poi sul più bello, anziché concludere con un colpo di fioretto o di spada, ha simulato una sciabolata subìta che non c’è stata ed è stato giustamente ammonito per teatrale simulazione.
Chiellini invece sembra forgiato nelle caverne di Vulcano: indistruttibile, subisce colpi e ammaccatture da cui si rialza sempre, più duro e resistente di prima. Lichtsteiner ha ritrovato il passo e il ritmo dei tempi migliori; al contrario Asamoah sembra alla frutta: stanco, impreciso, inconcludente. Di Pirlo centauro – metà taglialegna e metà intagliatore – già s’è detto; meno brillanti del solito le due mezze ali Marchisio e Vidal, che pure non hanno concesso nulla agli avversari. Geniale Vucinic, anche se – al pari di uno spento e triste Matri – è mancato assai nella capacità di assestare il colpo del ko definitivo, sbagliando sotto porta. Infine, Conte: il suo voto è scontato, 10 e lode, per il carisma con cui ha guidato una squadra a rischio stanchezza e appagamento dopo aver compiuto, quattro giorni prima, un’impresa in Champion’s League battendo lo Shakthar, oggi una delle squadre più forti d’Europa.
Sì, Conte è proprio tornato e con lui la Juventus più ruggente che mai.