Tutto splendidamente in mezz’ora. Vucinic, Pirlo e Marchisio. Cioè estro, classe e potenza. In mezzo, un guantone di Buffon che, due minuti dopo il vantaggio del montenegrino, ipnotizza Denis, lanciato a rete da una scivolata di Marrone, impedendo così all’Atalanta di riagguantare subito il pareggio. Ma in mezzo ai tre gol c’è soprattutto tanta, tantissima bella Juve. Il ritorno in panchina di Conte (accolto da una gigantesca coreografia dei tifosi) si vede eccome. Non ci sono più le amnesie, le svogliatezze e i cali di tensione che hanno, per esempio, caratterizzato le partite con Catania, Inter e Milan. Nei primi 45 minuti, di fronte a una squadra, quella di Colantuono, che ha ben figurato con le grandi e che mostra sempre buone geometrie e molta grinta, la Juventus mette in vetrina una delle sue partite migliori, quest’anno forse eguagliata solo dalle prove, gagliarde e brillanti, offerte contro Roma e Chievo. I bianconeri sono disposti in campo alla perfezione. In fase di non possesso palla la squadra di Conte sembra telecomandata e si muove armoniosamente occupando gli spazi, aggredendo gli avversari, chiudendo i varchi. I raddoppi su Schelotto, Maxi e Bonaventura funzionano a puntino, impedendo così a Denis, comunque francobollato a dovere da Barzagli e Chiellini a turno, di ricevere palloni giocabili e palloni potenzialmente pericolosi. Ma è soprattutto in fase di possesso che la Juve si mostra compatta, fluida, avvolgente. Chiusa a chiave la difesa attorno ai due granatieri Barzagli e Chiellini, Marrone può impostare il gioco come è chiamato a fare di solito Bonucci: nato centrocampista, il giovane bianconero si mostra tranquillo e sicuro, non tende a strafare, ma non butta mai via il pallone e cerca con insistenza il compagno libero cui appoggiare il gioco. Vidal, invece, parte un po’ impreciso, corre e tampona certo, però in fase di costruzione non è all’altezza del suo rendimento abituale, anche se con il trascorrere dei minuti riprende quota. E Marchisio? E’ una spina nel fianco del centrocampo atalantino: copre, insegue tutti gli avversari che gli capitano a tiro, si inserisce, supporta le avanzate dei difensori, le sponde degli attaccanti, le aperture di Pirlo. A proposito di Pirlo, è proprio lui il protagonista – e il graditissimo ritorno – della partita e della Juventus. Fino a un mese fa sembrava un giocatore sfiancato dalla splendida stagione scorsa e da un Europeo dispendioso. Gli avversari avevano imparato a prendergli le misure, soffocandolo con marcature asfissianti, con gabbie tattiche appositamente studiate e messe in atto per mettergli la museruola. Pirlo, oltretutto, ha vissuto un periodo di forma fisica non ottimale, con riflessi lenti, fiato corto, idee non sempre brillanti; anzi, capitava abbastanza spesso che negli ultimi minuti delle partite avvertisse una stanchezza tale che lo induceva a errori, anche madornali, in fase di dribbling o di appoggio. Ora tutto questo appannamento sembra davvero alle spalle. Pirlo ha ripreso in mano la squadra, riesce a divincolarsi al meglio dalle marcature altrui, è tornato a impostare il gioco, a calamitare i palloni, a inventare aperture sulle fasce o lanci in verticale smarcanti di rara bellezza ed efficacia. E non ha dimenticato affatto le sue doti balistiche, sui calci da fermo e nei tiri da lontano, con i frutti che si vedono anche in termini di gol realizzati. Oltre a Pirlo, il merito dei primi 45 minuti esaltanti della Juve spetta anche agli attaccanti. Con Conte in panchina, Vucinic non si permette più atteggiamenti supponenti e leziosi: sta nel vivo della partita, all’occorrenza va a pressare e a inseguire gli avversari, gioca più essenziale senza rinunciare al suo genio e alla sua inventiva. Ma la vera scommessa che Conte sta vincendo – piano piano, con ostinazione – è quella su Giovinco. La Formica Atomica…
… cui Conte non ha esitato a rinnovare la fiducia (proprio come l’anno scorso ha fatto con Vucinic, confermato in campo anche quando i tifosi mormoravano o lo fischiavano per i suoi non infrequenti errori) sembra aver perso l’ansia di essere considerato da tutti come l’erede di Del Piero. Ora gioca da Giovinco: tocchi essenziali, repentini inserimenti tra le linee, ricerca dell’uno contro uno, duetti stretti con il montenegrino. Gli manca un po’ di continuità in più nel segnare per essere davvero il dodicesimo (come il numero della sua maglia, il 12) uomo della squadra. Tornando velocemente alla partita, dopo l’espulsione alla mezz’ora di Manfredini per doppia ammonizione, la partita, con la Juve già sul 3-0, è praticamente finita lì. Il secondo tempo, infatti, è stato solo un proficuo allenamento. Anche se Conte, ruggendo sempre in panchina, non ha mai concesso alla squadra il lusso di rilassarsi e di abbassare la guardia. Attenti e concentrati sì, ma infierire contro i nerazzurri di Bergamo (meglio tenere le munizioni per altri nerazzurri…) non era proprio necessario. Bastavano il gioco, i gol e i tre punti raccolti già nel primo tempo.