Poteva e doveva essere la domenica dell’allungo, del colpo che fa barcollare l’avversario sulle gambe e psicologicamente comincia scavare un po’ di terra sotto i piedi delle certezze altrui. Poteva e doveva essere la domenica dei quattro punti di vantaggio e con un’altra partita da recuperare. Poteva e doveva essere la domenica della tredicesima vittoria di campionato. Poteva e doveva essere tutto questo, e invece Juventus-Siena ha scritto un capitolo imprevedibile nella storia di un campionato dove non esistono partite facili, vittorie scontate, squadre materasso. A parte il Milan, che ha pareggiato in casa con il Napoli, le altre dirette concorrenti per la corsa a un posto nella Champion’s League (Udinese e Lazio) sono uscite sconfitte e la Juve doveva approfittare di una domenica favorevole.
Partiamo dalla partita. Ormai, quando vengono a giocare allo Juventus Stadium, le squadre avversarie adottano una sola tattica: grande agonismo, file serrate, dieci uomini dietro la linea della palla, pressing costante su Pirlo, ripartenze velenose, predisposizione al contropiede. Un copione che si ripete da diverse domeniche. Ma contro il Siena la Juve non ha saputo trovare le giuste contromisure. Fin dall’inizio, con la riproposizione di un modulo 4-3-3, in cui i due esterni offensivi – Vucinic e Pepe – fungono da finti attaccanti, lasciando così Matri da solo a lottare nel cuore della difesa avversaria.
In queste partite, in cui bisogna scardinare gusci impenetrabili, in cui neanche un ago passa inosservato, in cui il rischio intasamento nella metà campo avversaria è pari a quello che si registra sull’Autosole il giorno di Ferragosto, Conte deve avere il coraggio di inserire un compagno di reparto accanto a Matri. Sono partite in cui la Juve deve giocare con due punte, una delle quali possibilmente forte fisicamente e abile nel gioco aereo, pronta a fare a sportellate, ad aprire varchi, a rendere preziosi anche i palloni sporchi o vaganti. E’ quel che è mancato alla Juve nel primo tempo. E se a questa carenza di forza di sfondamento aggiungiamo il carico di tossine che annebbia idee e gambe dei giocatori che più hanno tirato la carretta nel girone d’andata (parliamo soprattutto di Pepe, Marchisio e Vidal), si capisce perché la Juve ha trovato così tante difficoltà ad arrivare alla conclusione. Oltretutto, dovendo fronteggiare difese chiuse a riccio, è fondamentale poter contare su due esterni in grado di saltare l’uomo, e allora potevano essere utili alla bisogna anche Giaccherini ed Estigarribia.
Insomma, si poteva partire con un 3-5-2: in difesa il trio formato da Lichtsteiner, Barzagli e Chiellini, a centrocampo (da destra a sinistra) Giaccherini-Vidal-Pirlo-Marchisio-Estigarribia e in avanti la coppia Matri-Borriello. Con questa disposizione tattica, da un lato, si doveva rinunciare a Vucinic (non ancora al meglio della condizione) e a Pepe (che ha certamente bisogno di rifiatare) e dall’altro c’era da mettere in conto che i tre difensori juventini avrebbero anche potuto trovarsi di fronte tre attaccanti senesi (Brienza, Calaiò e Destro). Ma tant’è, noi siamo la Juve e qualche volta bisogna saper osare.
Nel secondo tempo la Juve ha cercato di alzare i ritmi, di sfruttare di più le corsie esterne e Pirlo ha goduto di maggiore libertà (pressarlo per tutta la partita è pressocchè impossibile, un po’ perché lui sa smarcarsi, un po’ perché il fraseggio della Juve costringe gli avversari a un notevole dispendio fisico), ma quello che veramente è mancato alla squadra di Conte è stato l’uomo di qualità che sa creare superiorità numerica, che sa inventare, che sa risolvere da solo le situazioni e le partite più ingarbugliate. Il Milan può contare su Ibrahimovic, l’Udinese si affida a Di Natale e la Lazio ha Klose. E la Juve? Finora Conte è stato bravo a mischiare le carte: di volta in volta i risolutori bianconeri sono stati Pepe (con i suoi affondi), Marchisio (con le sue giocate), Vidal (con i suoi inserimenti), Vucinic (con i suoi assist) e Matri (con i suoi gol). Ora però queste armi a sorpresa risultano un po’ spuntate, vuoi per la non ottimale condizione atletica, vuoi per le contromisure tattiche adottate dagli allenatori avversari.
Ecco allora il punto che potrebbe diventare decisivo da qui alla fine del campionato: contro le squadre che verranno allo Juventus Stadium giocando con lo stesso copione (chiusura ermetica della difesa, reparti corti e contropiede) sta a Conte la capacità di inventarsi ancora qualcosa di diverso. Poteva e dovesa essere l’allenatore del 4-2-4, e invece ha saputo adattarsi e adattare la squadra al 4-3-3 e al 3-5-2. La situazione attuale, impone qualche correttivo. E noi ci aspettiamo che dal cappello di Conte esca un nuovo coniglio. Da applausi, come è stato finora il cammino della Juve in campionato.