Una Juve monumentale. I bianconeri, battendo la Lazio per 2-1, portano a casa tre punti fondamentali, forse decisivi, con un Del Piero immenso. In realtà tutta la squadra gioca a ritmi impressionanti, mettendo in mostra anche una qualità di gioco che in certi frangenti è davvero sopraffina: difficile sinceramente trovare il peggiore in campo, anche se – a voler cercare il pelo nell’uovo – si può sottolineare come l’attacco denoti ancora una certa morbidezza sotto porta. Ma nei momenti topici Vucinic e Quagliarella devono diventare implacabili, devono mostrare quella cattiveria agonistica espressa per 90 minuti dal resto della squadra.

A questo punto l’ingresso in Champion’s League dalla porta principale, cioè senza passare dai preliminari, è davvero a portata di mano (matematicamente bastano quattro-cinque punti al massimo), ma ora mente, cuore e gambe della Juve sono tutti tesi a inseguire il sogno “impensabile solo a inizio stagione”: l’obiettivo iniziale era cercare di riagguantare la Champion’s e invece a sei giornate dalla fine la Juventus si rtitrova un punto avanti al Milan, esprimendo – oggi – il miglior calcio del campionato.

La Juve ritorna dunque in testa, risponde a un Milan balbettante ma vincente con una prova maiuscola, un misto di prepotenza fisica, di qualità di gioco, di rabbia agonistica che spesso intimorisce e stordisce la Lazio. Nel primo tempo addirittura è uno spettacolare Marchetti a bloccare una Zebra ruggente e leonina, che potrebbe dilagare con la forza di un maglio che affonda nel burro: in almeno quattro occasioni (Pepe a tu per tu con il portiere azzurro, Vidal con uno spiovente da più di 50 metri, Quagliarella da centro area e Vidal ancora in diagonale) Marchetti nega ai bianconeri la gioia del raddoppio, del gol della tranquillità.

I primi 45 minuti trascorrono segnati dal più completo predominio juventino (solo il primo tempo con la Fiorentina può reggere il confronto: anche in quella occasione un’intensità mostruosa, un possesso palla ossessivo, un pressing martellante in ogni zona del campo). Poi, come un lampo sinistro nella notte, nell’unica occasione in cui la Lazio mette il naso nell’area juventina succede quello che non ti aspetti: da un cross di Scaloni spunta la testa di Mauri che infila Buffon (ponendo così fine alla sua striscia di imbattibilità di quasi 600 minuti). Ma come? La Juve ha dominato in lungo e in largo, ha tirato da ogni posizione, poteva stare tranquillamente sul tre a zero, e invece…

E invece, nonostante un pareggio che ha il sapore della beffa, nella ripresa la Juve riprende da dove ha finito il primo tempo: aggredendo gli avversari, attaccando gli spazi, giocando nella metà campo avversaria, imponendo il suo passo e il suo fraseggio. Certo, pur in una condizione fisica brillante, è impensabile poter reggere i ritmi iniziali, ma la Juve non molla la presa, sembra inossidabile alle avversità, macina chilometri e tocchi di palla in quantità industriale, lavora inesorabilmente la Lazio ai fianchi. A un certo punto, però, sembra una partita stregata, altri tre punti gettati al vento: il bunker biancoceleste, eretto attorno a un gigantesco Diakite e a un acrobatico Marchetti, appare inviolabile. Destino cinico e baro? 

Affatto, perché Conte – come ormai capita da diverse partite – estrae il classico coniglio dal cilindro: inserisce Matri al posto di Pepe per accentuare la spinta offensiva e la pericolosità del 4-3-3 e quasi subito dopo mette in campo un ragazzino di 37 anni, con la maglia numero 10, che si chiama Alessandro Del Piero. “Il valore aggiunto” come se lo coccola Conte. E questo ragazzino, arrivato alla 700esima partita con la maglia bianconera, regala un colpo di biliardo che vale tre punti, una Champion’s League quasi in tasca e la possibilità ancora di giocarsela con la corazzata Milan.

Anche contro la squadra terza in classifica Buffon per gran parte del tempo fa la parte dello spettatore (qualche intervento di piede e un paio di parate di ruotine). Sulle fasce tutto ok: sull’out destro Lichtsteiner sente aria da ex e ritrova la baldanza del girone d’andata, mentre a sinistra Chiellini spinge come una locomotiva. Al centro della difesa Barzagli mette la museruola a chiunque si aggiri dalle sue parti e Bonucci conferma la crescita, tecnica e tattica, di questa stagione: con sempre maggiore autorità si prende la responsabilità di impostare il gioco, supportando Pirlo. Il regista juventino, con il passare dei minuti, prende sempre più le redini del gioco e della squadra. Al suo fianco giganteggiano i “pretoriani” di sempre: Vidal con la sua forza fisica e Marchisio con la sua intelligenza tattica a tutto campo, dalla fase di interdizione agli inserimenti offensivi. Anche Pepe appare fisicamente rinato e rinfrancato: si mangia un gol già fatto (ma il merito maggiore spetta a Marchetti), poi si rifà con un “golasso” in rovesciata su arabesco di Pirlo. In attacco, invece, Vucinic è ancora molle e un po’ svagato, mentre Quagliarella si muove con troppa frensia e crea più confusione che altro. E se Matri e Giaccherini non sono giudicabili, su Del Piero sono finiti gli aggettivi e i superlativi: ormai basta il nome. E’ lui a suggellare i tre punti pesantissimi e l’imbattibilità record.

Ora si va a Cesena, in Romagna, terra di gran tifo juventino. E non è certo il momento di abbassare la criniera…