Quello che non ti aspetti, eppure accade, in modo incredibile, clamoroso e rocambolesco. Juve-Lecce poteva essere la partita che regalava ai bianconeri la quasi certezza che il sogno si potesse avverare. E invece… Una partita in cui il portiere più bravo del mondo neanche si sporca i guanti e poi sbaglia a meno di dieci minuti dalla fine un facile controllo di piede, regalando agli avversari un pareggio su cui alla vigilia – e anche nel corso del match per come si era messo – nessuno, nemmeno Cosmi, avrebbe scommesso.Juve in vantaggio per un gol a zero, Juve con un giocatore in più dopo l’espulsione di Cuadrado, Juve in pieno controllo della partita, Juve che più volte arriva a sfiorare il raddoppio, il gol della sicurezza e della tranquillità. E invece…Che fosse una partita stregata per la Juve lo si era intuito subito, dopo appena quattro minuti. In una stagione in cui gli infortuni muscolari sono stati pressochè assenti, al secondo allungo sulla fascia De Ceglie si tocca la coscia, il classico dolorino, ed è costretto a uscire, sostituito da Caceres, visto che in panchina Conte porta soprattutto attaccanti e quindi Estigarribia si ritrova in tribuna. Non solo: la Juve sembra più timida e impacciata del solito, mentre il Lecce, impelagato ancora nella lotta per la salvezza, mette in campo una squadra difensiva (Cosmi a sorpresa lascia in panchina Muriel e Giacomazzi) ma ben organizzata tatticamente, brava a chiudersi e ben disposta all’impostazione del gioco.La Juve è come se avvertisse di colpo tutto il peso della stagione. Dal punto di vista atletico e fisico, dopo otto successi di fila, spesso roboanti nel punteggio e imponenti per volume e intensità di gioco, la squadra sembra disporsi a prendersi un po’ di relax: non c’è la ferocia agonistica delle ultime partite, non sempre gli juventini arrivano per primi sul pallone e soprattutto i due attaccanti – Vucinic e Quagliarella – non portano il pressing come Conte vorrebbe. Anche dal punto di vista psicologico l’impressione è di un approccio alla partita quasi timido, come se la testa e il cervello della Juve si ritrovassero all’improvviso un po’ sgonfi. La tensione blocca i muscoli e le idee, la brillantezza fa un po’ difetto, ma dopo 9 minuti una pennellata di Pirlo consente a Marchisio, efficace nell’inserimento, di inzuccare alle spalle di Benussi. Sembra fatta. Anzi, piano piano la Juve dà l’impressione di ritrovare la solita supremazia, conducendo una partita a senso unico e creando con belle trame di gioco due limpide occasioni con Vidal. Intanto Pirlo prende sempre più le redini della squadra, lo stesso Vidal morde le caviglie degli avversari recuperando palloni su palloni, Marchisio offre il solito supporto di inventiva e di corsa, Caceres è volenteroso nella spinta e negli insertimenti, peccato che si trovi a giocare sulla fascia sinistra, quella a lui meno congeniale e abituale. 

Dietro il trio Barzagli-Bonucci-Chiellini si conferma granitico: per 70 minuti il Lecce non vede la porta di Buffon neanche di striscio. E’ sul fronte offensivo che la Juve sembra meno cattiva del solito: Vucinic è come se si rimettesse le pantofole, sparisce velocemente dai radar del gioco e della partita, mentre Quagliarella è un po’ evanescente.

Sulla falsariga di una Juve che non vuole rischiare nulla, che controlla gioco e avversari e che cerca di colpire con le ripartenze, la partita va avanti per quasi 80 minuti: i bianconeri, però, cedendo talvolta qualcosa di troppo alla leziosità, non riescono a piazzare il colpo del k.o. definitivo. E dopo l’espulsione di Cuadrado per il Lecce sembra comunque finita. E invece…

E invece succede quello che talvolta nel calcio succede quando meno te lo aspetti, e cioè che il più debole, il più inoffensivo, il più disperato (nel senso di situazione di classifica), il più rassegnato si ritrovi tra i piedi (è il caso di dirlo) un regalo inaspettato e addirittura messo un piatto d’argento da uno dei giocatori più forti e più esperti del mondo. Buffon, su innocuo retropassaggio di Barzagli, controlla malamente con il sinistro, il pallone gli scivola via e Bertolacci, vincendo il disperato contrasto con il portiere juventino, si trova la porta bianconera spalancata. Un pareggio insperato che riapre di colpo la sfida per lo scudetto.

Ora bisogna velocemente voltare pagina. Buffon ha le spalle larghe per gettarsi alle spalle questo errore, che arriva quasi al termine di una stagione dove quando è stato impegnato ha compiuto parate straordinarie e dove più spesso è stato spettatore disoccupato delle prodezze bianconere. Ma anche Conte e lo spogliatoio tutto devono avere la forza di archiviare subito questo episodio come tale. Resta un punto di vantaggio sul Milan, che domenica giocherà il derby. Alla Juve tocca il Cagliari, già matematicamente (per via della classifica avulsa) salvo. La parola d’ordine allora deve essere una sola: scuotere la criniera, rialzarsi e tornare a ruggire subito. Il “sogno” non è affatto svanito.