Conquistata la Supercoppa italiana; archiviato con una vittoria convincente il trofeo Berlusconi; alla vigilia degli ultimi colpi di mercato in entrata e in uscita; “colpita” dalle prime contraddittorie e imbarazzanti sentenze d’appello sul calcioscommesse, la Juventus si prepara al debutto in campionato, aspettando pure la composizione dei gironi di Champion’s League. Che stagione sarà? Segnerà la definitiva consacrazione della squadra bianconera? E’ possibile sognare in grande? Oppure gli strascichi del calcioscommesse potrebbero ingrippare un motore che appare potente e ben oliato? Per rispondere a queste domande ecco l’alfabeto delle parole-chiave della Juve 2012-2013.

A come Abbonati. In poche settimane, nonostante il caro-biglietti, la Juve ha fatto il pienone: 23.400 tessere!. Lo Juventus Stadium si appresta a inanellare l’ennesima serie di “sold out”, come nella scorsa stagione. Mentre quasi tutte le altre squadre perdono tifosi sugli spalti, i bianconeri potranno contare su un dodicesimo uomo che potrebbe trasformare lo Juventus Stadium in un Old Trafford o in Camp Nou all’italiana. In Champion’s League ce n’è davvero bisogno. Con una raccomandazione: tifo caliente sì, ma mantenendo sempre la calma, evitando intemperanze, multe o squalifiche di campo.

B come Bis. Arrivare in cima è facile, rimanerci è più difficile. Vinto il campionato a sorpresa lo scorso anno (la Juve era accreditata al massimo di un terzo-quarto posto), ripetersi quest’anno non deve diventare un mantra ossessivo. La mente deve rimanere sgombra, concentrata sugli impegni agonistici, dando tutto quello che si ha, ma senza tossine controproducenti. Su questo lo staff bianconero dovrà lavorare sulla mente quasi quanto i preparatori atletici hanno fatto sui muscoli dei giocatori.

C come Carrera. In attesa del Tnas, toccherà al vice-Conte stare sulla tolda di comando, soprattutto in occasione del tanto atteso ritorno sui palcoscenici della Champion’s. In due partite ha fatto il pieno di successi, ma il calcio d’agosto è tutt’altra cosa. In panchina ha dimostrato di essere il clone di Conte: stessa grinta, stessa presenza, stessa concentrazione. Un buon viatico.

D come Dimenticare. Il verbo per la Juve ha due declinazioni. Da una parte, bisogna dimenticare in fretta la cavalcata trionfale dell’anno scorso. Bisogna resettare tutto e ripartire con la stessa baldanza dell’autunno 2011. Dall’altra, invece, la Juve non può dimenticare Alex Del Piero. Ogni vittoria va dedicata al grande capitano, che resta il primo tifosissimo della squadra. Lui nel momento del trionfo non si è dimenticato di chi è sceso in serie B e con umiltà ha ripercorso la dura risalita verso nuovi successi. Un esempio da seguire.

E come Esterno. Sfumato tre anni fa il fuoriclasse Gareth Bale (Bettega era a un centimetro dal suo acquisto), in attesa della definitiva consacrazione di De Ceglie e sapendo comunque di poter contare all’occorrenza sui servigi di Giaccherini e di Asamoah, la Juve deve trovare un esterno sinistro di peso. Armero avrebbe fatto al caso giusto, peccato non sia arrivato. Fosse Peluso, non sarebbe però sufficiente.

F come Fame. Lo ha detto Marchisio alla vigilia della Supercoppa: “Noi abbiamo ancora fame”. Ecco, questo deve essere lo spirito giusto: come dice il proverbio, l’appetito (lo scudetto era solo un antipastino…) vien mangiando!

G come Gol. E’ stato – paradossalmente – il punto dolente della scorsa stagione. Partite dominate in lungo e in largo, tiri in porta a grappoli, ma gol pochi, con una percentuale di realizzazione non da squadra ammazza-campionati. E’ un handicap da superare. In parte con gli schemi, in parte con l’acquisto di un goleador prolifico, da 20-25 gol.

H come Higuain. Vale il discorso di Bale, che sarebbe stato il fuoriclasse sull’out sinistro. Se Marotta avesse avuto davvero il tesoretto da spendere, ecco “el Pipita” (l’ideale sarebbe stato Cavani, ma il prezzo dell’operazione è attualmente fuori budget per le casse bianconere) sarebbe stato l’uomo giusto al posto giusto: tecnica sopraffina, abilità nel fraseggio, fiuto del gol. Ma il Real Madrid (giustamente) se l’è tenuto stretto.

I come Imbattibilità. E’ l’altro mantra che può diventare un tranello. Guai a inseguire un’imbattibilità che lo scorso anno ha raggiunto livelli solo eguagliabili (ricordiamolo: una sola sconfitta in 43 gare ufficiali dopo 42 partite da imbattuti). Il record è stato fatto, adesso si può raggiungere ogni risultato anche mettendo nel conto qualche (ovviamente pochissime…) battuta d’arresto.

J come John Elkann. L’anno scorso il giusto tributo era stato dato al presidente Andrea Agnelli, protagonista di una rifondazione che prometteva bene. Quest’anno tocca al cugino. Perché? Semplice: John Elkann ha abbandonato quello smile style che lo aveva contraddistinto nella primissima era (da perdenti) post-Triade. Ora ha capito che bisogna essere (vincenti) un po’ cattivi e antipatici (ma pur sempre con stile, Avvocato docet).

K come Krasic. E’ finito in Turchia al Fenerbahce. Speriamo solo di non doverlo rimpiangere troppo. E che nessuno gli faccia dire che l’anno scorso Conte ha cercato di “combinare” tutte le partite…

L come Lucio. Con il difensore brasiliano Marotta spera di ripetere l’operazione-Pirlo. Un innesto di esperienza a costo zero. Le prime uscite non sono state confortanti. E’ vero che l’ex interista ha dovuto reimparare da capo alcuni movimenti tattici (ha sempre giocato in difese a quattro e non a tre). Noi puntiamo sul suo orgoglio e soprattutto quando ci sarà da fare a sportellate, Lucio ci regalerà delle belle soddisfazioni. 

M come Montenegro. Arrivasse Jovetic, con Vucinic (che quest’anno sembra davvero trasformato: continuo, illuminante, ispirato e ispiratore) sarebbe una coppia da sogno. E allora tutti insieme dovremmo dire: grazie, Montenegro!

N come Never. “Mai dire mai” diceva un grande filosofo del secolo scorso, James Bond. Ecco la parola d’ordine di quest’anno. Arrendersi? Mai. Pensare di non poter ribaltare il risultato? Mai. Aver paura degli avversari, fossero pure Barca, Real, Psg, ManCity o United? Mai. Noi siamo la Juve. Loro no. E non lo diventeranno. Mai.

O come Organi federali. E’ uno dei due punti delicati della stagione. Ormai, con la presidenza Agnelli, la Juve ha ingaggiato un duello rusticano con la Figc. Su due fronti. Primo, alla luce di ciò che è emerso dal dibattimento su Calciopoli, la decisione di revocare lo scudetto del 2006, assegnandolo all’Inter, va ripensata, anche perché – come sentenziato dallo stesso Palazzi – pure la squadra di Moratti non è stata esente da sospetti e comportamenti poco trasparenti, ma tutto è caduto in prescrizione. Bastava, dunque, un gentlement agreement: revocare anche lo “scudetto di cartone” e non assegnarlo a nessuno. Invece si è andati al braccio di ferro. Un braccio di ferro che continua – ecco il secondo fronte -, come testimoniato dalle sentenze su Antonio Conte, trasformato in “capro espiatorio” di grido per un’inchiesta che ha fatto buchi nell’acqua più di un colapasta. Ora è il momento di placare i toni: la Figc si tenga le sue pervicaci convinzioni e decisioni (sullo scudetto del 2006), ma si rassegni al più presto alla necessità di riformare un sistema – quello della giustizia sportiva – antiquato, sconcertante e arrogante.

P come Pogba. Juventus in latino vuol dire gioventù. Puntare sui giovani è una “mission aziendale” oltre che una scelta vincente. Pogba, strappato al Manchester United, ne è l’emblema. Ma va segnato sul taccuino un altro nome: Alberto Masi, acquistato dalla Pro Vercelli, considerato il “nuovo Nesta”. Masi è destinato a ripercorrere le orme di Moreno Torricelli, prelevato dalla Caratese e poi “pupillo” di Trapattoni e dei tifosi.

Q come Quantità e qualità. E’ il marchio di fabbrica della gestione Conte. Giocatori che non si tirano indietro, corrono a cento all’ora, fanno un pressing asfissiante, ma sanno dare del tu al pallone. Un nome su tutti? Vidal, l’archetipo del top player alla Conte.

R come Rigori. L’anno scorso hanno indotto qualche volta società, allenatore e tifosi a polemizzare e lamentarsi per le mancate assegnazioni. Con il senno di poi, la Juve deve essere orgogliosa di aver vinto lo scudetto con un numero risicato di penalty. Sì, gli scudetti si possono vincere anche senza avere rigori a favore. Una lezione da tenere a mente per non cadere nella trappola del vittimismo (e smentire clamorosamente chi ha sempre pensato il contrario).

S come Special One del Salento. A Conte va tutta la riconoscenza per aver rifondato una Juve vincente sul campo proprio perché ricostruita vincente nel suo Dna. Non ci sono Palazzi che possono sconfessare questa evidenza.

 

T come Top player. E’ due anni che il tormentone del top player distrae dalle strategie di mercato sul fronte offensivo. Se un top player si vuole acquistare, i soldi bisogna sganciare. Questa è la filosofia del calciomercato ai tempi degli sceicchi. E allora, se per un top player la Juve è disposta a mettere sul piatto una trentina di milioni, ebbene – irraggiungibile Cavani, beffati da van Persie e sfuggito Higuain – l’intera posta andava puntata su un nome nuovo di sicuro avvenire: Mattia Destro. Complimenti alla Roma per avercelo “soffiato”…

U come Udinese. Al di là delle polemiche sul gol-non gol di Muntari, come juventini saremo sempre grati ad Allegri (e Galliani) per aver scelto come faro del centrocampo Van Bommel sacrificando Pirlo. Ma quest’anno, vista l’accoppiata Isla-Asamoah portata a Vinovo da Marotta (questa volta non a costo zero, ma versando fior di quattrini), potremmo inserire nei “sentiti ringraziamenti” anche Pozzo e Guidolin.

V come Vincere. “Alla Juventus vincere non è importante. E’ l’unica cosa che conta”: quest’anno la frase di Boniperti ce la ritroviamo stampigliata sulla maglia. Un motto da onorare il più possibile.

W come Wembley. Il sogno? Essere a Wembley la sera del 25 maggio 2013. Vorrà dire aver raggiunto la finale di Champion’s League. Sarebbe già un traguardo prestigioso, visto il blasone delle avversarie. Ma la Juve con la grinta, lo spirito di gruppo e l’entusiasmo può colmare gap che oggi sembrano montagne non scalabili.

Y come Yankee. Dall’America è arrivato un nuovo sponsor: Jeep (gruppo Chrysler). L’accordo per tre stagioni sportive, fino al 30 giugno 2015, prevede un corrispettivo totale di 35 milioni di euro. Ma più che le risorse finanziarie (comunque sempre indispensabili e ben accette nel calcio attuale), alla Juve servirà un po’ di quello spirito yankee tipico del football americano, quello che celebra l’epopea del Far West, dove erano previste sia la conquista sia la difesa del territorio. Dunque, furore agonistico in ogni zona del campo per intimorire gli avversari già nel momento in cui iniziano la manovra.

X come X factor. La “pareggite” è stato il mal di stagione della prima esperienza in panchina di Conte: troppe X a fine partita, soprattutto con le medio-piccole e soprattutto in casa. Uno score che va assolutamente migliorato.

Z come Zeman. E’ la voce più delicata del vocabolario. L’allenatore boemo ormai sembra schiavo del suo personaggio: fare l’anti-juventino per partito preso. Una recita con battute spesso poco riuscite, ma che sortiscono l’effetto di produrre frecciatine più o meno esplicite, che altro non fanno che incendiare gli animi dei tifosi più caldi. Meglio soprassedere e risolvere il tutto in singolar tenzone: a settembre allo Juventus Stadium e a febbraio all’Olimpico di Roma. Il tutto, però, senza dare in escandescenze. Ma il nome Zeman ci ricorda che la stagione 2012-2013 ci proporrà tre sfide ad alta tensione: oltre a incrociare i giallorossi, la Juve e gli juventini dovranno saper affrontare la Fiorentina (storica rivale) e il derby della Mole con il Torino. Partite davvero ruggenti, da affrontare con la criniera al vento e la voglia di dare la zampata (sportiva) giusta!