Come l’anno scorso, ma molto meno dell’anno scorso. La Juventus parte in campionato contro il Parma (come un anno fa), porta a casa i tre punti (come un anno fa), realizza il primo gol con Lichtsteiner (come un anno fa, anche se non è Pirlo l’assistman, bensì Asamoah), ma rispetto al debutto del 2011 segna la metà dei gol (il 4-1 è diventato un 2-0) e mette in mostra molto meno. Allora la creatura di Conte alzava ufficialmente il velo davanti ai suoi tifosi, evidenziando grinta, intensità e rabbia agonistica in quantità industriali, mentre nel debutto di quest’anno la squadra offre a sprazzi – diciamo nell’ultimo quarto d’ora del primo tempo e nei primi 20-25 minuti della ripresa – quelle caratteristiche che ne costituiscono il marchio di fabbrica. I pugni che Conte indirizza alle pareti degli sky-box dello Juventus Stadium stanno a significare che la sua assenza in panchina rappresenta un handicap caratteriale per la squadra. Conte è un passionale, un condottiero, uno che non vuole perdere neanche a tressette e se la partita con il Parma l’avesse vissuta dalla panchina, allo Juventus Stadium ci si sarebbe subito riabituati alle sua urla. Niente da dire su Carrera, ovviamente (il primo a sapere di non essere, da questo punto di vista, come Conte), che infatti più volte richiama i giocatori a non abbassare la guardia, specie nel secondo tempo, anche se con il risultato blindato in cassaforte.
In effetti, se l’anno scorso Conte e i suoi ragazzi avevano voluto dare subito un segnale chiaro di quello che era il loro progetto calcistico, quest’anno la Juventus è un po’ come se avesse voluto nascondersi e risparmiare energie mentali e fisiche. E’ una squadra che deve sempre pigiare sull’acceleratore, che non può rilassarsi mai, ma questa stagione presenta un doppio impegno: oltre al campionato, c’è la Champion’s League, una manifestazione che succhia energie nervose come nessun’altra.
E allora, partenza rilassata. Il Parma si presenta con l’ormai abituale marcatura stretta su Pirlo, la fonte del gioco juventino. Ma Carrera, vista l’indisponibilità per infortunio di Lucio, getta nella mischia due playmaker arretrati: non solo schiera a destra Bonucci, dall’anno scorso vice-Pirlo nel dettare il gioco, ma inserisce al centro della difesa Marrone, affidandogli compiti alla Scirea (chiusure da ultimo uomo e primo uomo a impostare la manovra). Il doppio regista arretrato costringe i due attaccanti del Parma, soprattutto il colombiano Pabon, a un duro lavoro di interdizione, e questo logoramento si vede nel momento in cui l’attaccante deve prendere la mira e tirare verso Storari.
La Juventus giochicchia, non riesce mai ad alzare i ritmi, anche perché Vidal e Marchisio, i due incursori letali, restano sulle loro, mentre sulle fasce né Lichtsteiner né Asamoah hanno la meglio sui loro dirimpettai. In più, Giovinco si danna l’anima ma è inconsistente, mentre Vucinic, già poco servito e cercato dai compagni, si accende solo a intermittenza. Solo negli ultimi 15 minuti i bianconeri riprendono a macinare chilometri e gioco, il Parma arretra il baricentro, arrivano un rigore immeritato (Licht è in fuorigioco nel momento in cui prende il pallone e poi viene steso da Mirante: per fortuna Vidal lo tira molle e sbaglia, disinnescando così la prima polemica anti-Juve di questo campionato) e un paio di lampi di Vucinic che illuminano una serata di pioggia battente e di aria fresca.
Nell’intervallo si fa sentire Carrera e soprattutto si fa sentire Conte. La Juve torna in campo con un cipiglio diverso. Intanto Pirlo prende saldamente le redini del gioco, Lichtsteiner, Vidal, Marchisio e Asamoah avanzano il loro raggio d’azione e alzano il pressing. I risultati si vedono: splendido il gol dello svizzero su incursione uno-contro-uno del ghanese, una vera e propria esaltazione del 3-5-2: l’azione parte sull’out sinistro e viene conclusa in rete grazie allinserimento del giocatore che occupa la fascia opposta. Passano quattro minuti e Pirlo, con una sagace punizione rasoterra che passa sotto le gambie della barriera intenta a saltare, sorprende Mirante, che raccoglie la palla oltre la linea (bene l’esperimento del quinto arbitro, bravo e attento a notare il movimento del portiere parmense che cerca di risospingere il pallone sulla linea di porta, mostrando poi a Bonucci che non l’ha oltrepassata del tutto).
Messo in ghiaccio il risultato, la Juve torna a trotterellare, lasciando così alcune occasioni al Parma in contropiede, che mettono comunque in evidenza uno Storari in buona forma, protagonista di almeno tre interventi efficaci.
Velocemente sui singoli. Bene Storari, qualche incertezza di troppo per Bonucci, promosso a pieni voti Marrone (che dimostra ampi margini di miglioramento), sicuro come al solito Barzagli, volenteroso Lichtsteiner, Vidal e Marchisio a due facce (soft nel primo tempo, più incisivi nella ripresa), Pirlo sui livelli abituali, anche senza acuti particolari, Asamoah una forza della natura (capace di spingere e poi di farsi trovare pronto in difesa con diagonali degne del miglior Cabrini), Giovinco troppo schiacciato dall’ombra di Del Piero, Vucinic più che discreto (ottime illuminazioni in attacco, ma poca cattivera e concentrazione).
Comunque il primo (un po’ svogliato) ruggito è arrivato, anche se la Juve ha “scodinzolato” un po’ troppo, come un gattone sul sofà. Ora, fuori le unghie!