La Juventus c’è, eccome, anche in Europa. All’esordio in Champions League nella tana dei campioni d’Europa in carica i bianconeri strappano un pareggio che ha il sapore di una vittoria. Non si portano a casa i tre punti, bensì la consapevolezza che la squadra saprà farsi rispettare – e temere – anche sui palcoscenici nobili del calcio europeo.
Che ruggito a Stamford Bridge! In campo una Juventus più da Leone d’oro che da Oscar. Eh sì, perché il gioiellino brasiliano del Chelsea che porta il nome della famosa statuetta ha provato a mettere in scena una trama avvincente (per gli inglesi e gli spettatori della Champions) ma letale (per i ragazzi di Conte-Carrera e per tutti i tifosi juventini). Non solo si è appiciccato a Pirlo, soffocandone letteralmente l’estro e le geometrie, ma addirittura ha cavato dal cilindro due magie: la prima con l’aiuto involontario di Bonucci e la seconda con un tocco ad aggirare i difensori juventini, seguito da una rapidissima giravolta con tiro liftato là all’incrocio dove le manone di Buffon, nonostante un volo degno del miglior Spiderman, non poteva arrivare. In soli tre minuti, dal 31’ al 33’, dopo una prima mezz’ora giocata ad armi pari con i Blues, la Juventus si è così ritrovata sotto di due gol. Una mazzata che avrebbe tramortito qualsiasi toro, ma non questa Zebra dagli occhi di tigre. Ormai la squadra è forgiata nell’acciaio, lo scorso anno in campionato Conte ne ha temprato il carattere: il doppio svantaggio non ha demoralizzato la squadra, che non si è mai disunita e non è mai apparsa in seria difficoltà. Anzi, con rabbiosa determinazione ha immediatamente reagito e dopo soli cinque minuti con un eroico Vidal ha accorciato le distanze, con un tiro saettante a incrociare dopo un dribbling al limite dell’area.
Vidal è oggi l’emblema della Juventus. Corre ovunque, pressa chiunque e addirittura in questa partita si è ritrovato poco prima della mezz’ora con una caviglia gonfia come un melone. Tutti si aspettavano la sua sostituzione: zoppicava palesemente, ma non cedeva un centimetro agli avversari. Anzi, tra una smorfia del viso e un appoggio sghembo della gamba ha trovato la forza e la precisione per trovare il gol che ha riaperto la partita. E all’inizio del secondo tempo, quando tutti ormai si aspettavano il cambio, lui si è fatto rivedere in campo, giocando e lottando fino alla fine.
Come lui, il Principino. Marchisio assomiglia sempre più a un clone tra Gerrard e Tardelli. Corre per due, pressa a tutto campo, costruisce il gioco, trova la forza di inserirsi e arrivare a tu per tu con Czech e alla fine veste un po’ i panni di Pirlo mandando in gol Quagliarella con un passaggio filtrante millimetrico e micidiale per la difesa del Chelsea. Marchiso e Vidal sono oggi i bronzi di Riace del cenrocampo bianconero.
Ora non resta che aspettare Pirlo. Non è nelle migliori condizioni atletiche e gli allenatori avversari non esitano a riservargli una marcatura a uomo come non si vedeva dai tempi di Gentile su Zico o Maradona al Mundial ’82. Oggi il regista soffre, non ha il cambio di passo e la lucidità necessari per mandare a vuoto il pressing avversario e la manovra della Juventus ne risente in fluidità e incisività. Anche se contro il Chelsea Barzagli, Bonucci e Chiellini (soprattutto nella ripresa) hanno provato a impostare loro il gioco, prescindendo dal loro direttore d’orchestra.

Difesa e centrocampo superano comunque l’esame Champions e l’esame Stamford Bridge. La retroguardia regge l’urto di Torres, Hazard e Ramires (quanto a Oscar, il primo gol viene preso in inferiorità numerica e con la deviazione determinante di Bonucci che spiazza Buffon, già pronto ad agguantare il pallone; il secondo è sì da cineteca, ma riprovasse altre 100 volte Oscar non la piazzerebbe più con la stessa chirurgica precisione). Quanto alla linea mediana (ben supportata da Lichtsteiner più che da Asamoah, che patisce l’esordio in Champions, anche se poi nel secondo riesce a sciogliersi di dosso l’emozione), ostruisce e costruisce con sicurezza e discrete geometrie: l’unico difetto è che non si apre con la dovuta velocità il gioco sulle fasce. 
Le note dolenti arrivano, come ormai da un anno a questa parte, dall’attacco. Vucinic si batte come un leone, ma un po’ predica nel deserto, un po’ patisce la ruvidezza di David Luiz e di Therry, un po’ si dimostra meno effervescente del solito. Giovinco invece fatica a trovare la posizione giusta per incidere come da par suo nella partita e viene troppo penalizzato dalla sua leggerezza: basta un contrasto, una spallata o un contatto fisicamente rude per sbilanciarlo e rubargli pericolosità. Bene invece Quagliarella: un gol bellissimo per il movimento senza palla e per il tocco delizioso con cui fa scivolare in rete la palla sotto le gambe di Czech. Non solo. Il Quaglia a una manciata di minuti dal fischio finale, con una giravolta delle sue, si inventa un tiro che accarezza la traversa, mentre il portiere del Chelsea resta impietrito a guardare un pallone per lui irraggiungibile. Sarebbe stato il colpo della vittoria. Peccato, ma il ruggito della Zebra si è fatto ugualmente sentire in tutta la Champions League. Sì, la Juve c’è, eccome, anche in Europa.