Una gara vera durata un quarto d’ora, seguita da una partita durata mezz’ora, e poi da un proficuo allenamento fino al novantesimo minuto. E’ il riassunto della sfida al “Friuli” tra Udinese (terza classificata l’anno scorso) e Juventus, finita 4-1 per i bianconeri di Torino. A partire meglio sono stati i bianconeri friulani, vogliosi di far dimenticare in fretta l’eliminazione subìta dallo Sporting Braga nei preliminari di Champion’s League. La squadra di Guidolin parte con molta grinta e una… bella mano – involontaria, ovviamente – gliela offre pure Pirlo, che nei primi dieci minuti sbaglia due facili passaggi (è un dato di cronaca doveroso da registrare, perché molto raro e insuale), imprecisioni che fanno scattare due ficcanti ripartenze. La Juve risponde con un tracciante dello stesso Pirlo che libera Lichtsteiner davanti al portiere, ma il Pendolino svizzero sbaglia la misura del pallonetto. Passano pochi minuti e quasi a compensare i due errori iniziali Pirlo inventa una parabola smarcante per Giovinco, che si infila nella difesa udinese e a tu per tu con Brkic subisce una leggera spinta da Danilo che lo manda a sbattere contro il portiere avversario, cadendo a terra. Rigore (che ci può stare, perché la Formica atomica viene sbilanciata nel momento in cui cerca di aggiustarsi di testa il pallone) ed espulsione di Brkic (che non ci sta, perché il numero uno friulano non commette alcun intervento irregolare). Udinese in dieci e dal dischetto Vidal infila nel sette il neo-entrato Padelli.
La partita vera finisce qui, anche se l’Udinese con l’uomo in meno non accenna a ridurre il pressing, mette in campo ancora più gagliardia e cerca di ribattere colpo su colpo. La Juve, sapientemente telecomandata da Pirlo, si muove con sussiego, non pigia mai sull’acceleratore, non mostra la consueta pressione asfissiante. Oggi la Juve plasmata da Conte e cesellata da Carrera, più che un fighter che sul ring cerca costantemente di mettere l’avversario all’angolo per rifilargli il colpo del k.o., assomiglia a un pugile che lavora lentamente e assiduamente ai fianchi, con pazienza, round dopo round. Infatti piano piano l’Udinese è costretta ad arretrare, ad allentare la presa del pressing, a presidiare con più uomini la sua trequarti campo.
Così la partita procede con la Juve che gradualmente prende le redini del gioco, avanza il suo baricentro, porta i suoi centrocampisti (Lichtsteiner e Marchisio soprattutto) a cercare con maggiore insistenza gli inserimenti da dietro.
Vidal, invece, si preoccupa di fare il pretoriano per Pirlo, cercando di limitare le incursioni di Armero e di strappare il pallone a qualsiasi avversario gli capiti a tiro, mentre Asamoah paga lo scotto dell’ex e non affonda mai il colpo sull’out sinistro, anche se un suo passaggio nell’area udinese consente a Vucinic di piazzare il colpo da biliardo per il raddoppio. E lì, pochi secondi prima dell’intervallo, la sfida perde gran parte del suo appeal (anche se la squadra di Guidolin con moltà dignità non tirerà mai i remi in barca).
Il secondo tempo si gioca all’insegna di Giovinco, che realizza una doppietta, e di un titic-titoc dellla Juve, che senza mai andare a marce elevate gioca facendo circolazione di palla e tenendo i friulani sempre sotto pressione. I secondi 45 minuti si trasformano così in un’utile seduta di allenamento, che consente a Carrera di risparmiare ulteriori fatiche al rientrante Chiellini (sostituito da Marrone) e di far applaudire Vucinic e Giovinco, che lasciano il campo anzitempo a favore di Matri (voglioso di mettersi in mostra e quindi un po’ troppo nervosetto) e Quagliarella.
Dare una pagella sensata, vista la menomazione iniziale degli avversari, è un po’ difficile. La Juve conferma però la sua nuova pelle: non è più la squadra cannibalesca che vuole subito impressionare e soggiogare gli avversari, si è fatta più matura, più consapevole dei propri mezzi, sa gestire e dosare meglio le forze, anche se – come contro il Parma – tende a concedere qualcosa di troppo agli avversari. Quanto ai singoli, la speranza è che la doppietta aiuti Giovinco a liberarsi dell’ombra di “nuovo” Del Piero, affinchè torni a essere la Formica atomica, cioè se stesso, cioè il giocatore che l’anno scorso ha trascinato il Parma con belle giocate e gol importanti. Per tutti gli altri, meglio attendere esami più probanti. Contro l’Udinese non era necessario far sentire troppi ruggiti….