Per capire davvero la straripante vittoria della Juventus sulla Roma per 4 a 1, non bisogna partire dall’inizio (troppo scontato: tre gol in sette minuti, dall’11’ al 19’, avrebbero steso e demoralizzato chiunque), ma dalla fine. Minuto 89’: c’è un calcio di punizione dalla trequarti a favore della Roma, l’area è intasata di difensori bianconeri e attaccanti giallorossi; batte Florenzi una parabola tesa a favorire uno dei colpitori di testa romanisti, invece spunta la zucca di Barzagli, che tocca e fa impennare il pallone; un rimbalzo fuori area e lo stesso “Barza” come una molla scatta per avventarsi su Taddei, pronto a raccogliere la palla e a riproporre l’azione offensiva della squadra di Zeman. E invece il difensore bianconero lo anticipa, lo scavalca con un irriverente sombrero e poi – elegante e ad ampie falcate, come solo sapeva fare il grande Scirea – si invola palla al piede verso l’area avversaria, inseguito vanamente da Taddei. A sostegno della sua azione c’è Giovinco e Barzagli, dopo 70 metri di fuga, con un tocco da vera mezzala, smarca la Formica Atomica a tu per tu con Stekelenburg, che viene saltato e infilato per la quarta volta.

Dopo l’inusuale partita con la Fiorentina (viola padroni del campo e Juventus senza tiri in porta), questo frammento di partita conferma una certezza: la Juventus, quando vuole, quando decide che è il momento, diventa implacabile e padrona straripante del match. Peccato per gli avversari che, in questo momento della stagione, questo “momento” decisivo possa scoccare nei primi venti minuti (tre gol) come a un minuto dalla fine. Spesso questo atteggiamento dura anche tutta la partita (come contro il Chievo).

“Partenza splendida, splendida partita soprattutto nel primo tempo. Siamo riusciti a fare tutto quello che volevamo, in un tempo brevissimo, lottato contro una squadra che farà cose importanti nel prosieguo della stagione. Lavoriamo tanto durante la settimana con mister Conte e Alessio, e questo è il risultato del duro lavoro settimanale”: sono le parole, a commento della gara, che regala Filippi, preparatore dei portieri bianconero, chiamato dallo staff bianconero a commentare il post-partita (e già aveva accompagnato la presentazione del pre-partita).

La Juventus ha praticamente fatto quello che voleva. E dire che nei primi cinque minuti entrambe le compagini si erano presentate in campo con pressing alto e buona gamba. Le squadre di Zeman (questo è un pregio del boemo) amano giocare più che distruggere, ma contro la Juve di Conte questo atteggiamento si è rivelato un boomerang pericoloso e doloroso.

Juve superiore in tutto: fluidità dei movimenti, pressing asfissiante, geometrie di gioco, condizione atletica, capacità di verticalizzare o di allargare la manovra sulle fasce, inserimenti dei centrocampisti (Marchisio davvero letale come il morso di un cobra, per rapidità e velonosità). A tal proposito (ma non è una scoperta) il reparto centrale dei bianconeri è davvero formato da guest star che si integrano e completano a meraviglia, recitando un copione da premio Oscar. 

Vidal è il cacciatore di palloni, il frangiflutti di Pirlo, l’uomo capace di spezzare le trame avversarie in qualsiasi parte del campo, fosse anche la bandierina del calcio d’angolo nella metà campo altrui. Marchisio è oggi il centrocampista più completo ed efficace del calcio europeo: un po’ Tardelli (si infila a passo di levriero nelle difese avversarie come il coltello nel burro); un po’ Bonini (corre per tre e tatticamente è sempre al posto giusto a presidiare la sua zona di campo), un po’ Causio (spesso ha messo in vetrina tocchi deliziosi anche di tacco e dribbling a saltare avversari in un fazzoletto di campo). E poi Pirlo: dopo Firenze, lo davano per finito, troppo stanco. Ha dato una risposta da campione: è vero che la Roma gli ha regalato fette di campo ampie, ma ha saputo gestire questa libertà d’azione con maestria, inventando lanci e aperture da manuale, ben supportato da un ritrovato movimento corale della squadra.

Quanto al resto, Buffon praticamente inoperoso, difesa sigillata e capace di pressare molto alta (recuperando – soprattutto con Chiellini – palloni in quantità industriale), fasce ben presidiate da Caceres e De Ceglie, attacco pericoloso (oltre ai gol, due traverse con Marchisio e Vucinic e tante opportunità con tiri da fuori o con occasioni a tu per tu con Stekelenburg).

Infine, il pubblico. Ci si aspettava un’accoglienza “da paura” per Zeman e invece lo Juventus Stadium non ha avuto bisogno di alcun pretesto per “scatenare l’inferno”. Ci ha pensato la squadra: ha riservato al boemo lo stesso “stordimento” provato lo scorso anno dall’asturiano Luis Enrique. Tre ruggiti, uno dietro l’altro, da brividi. Qualcuno, però, teniamolo per lo Shaktar, martedì, al debutto casalingo in Champion’s League…