Un Capitano dell’altro mondo. Dovessi titolare (ma per fortuna non sono il direttore di un giornale) la scelta di Alessandro Del Piero, mi farei ispirare dai romanzi e dai personaggi di Robert Louis Stevenson. Con Pinturicchio a vestire la maglia celeste e blu del Sydney Football Club è l’Australia ad aver trovato il suo tesoro calcistico. Dal 5 ottobre nella A-League, campionato australiano a girone unico con sole dieci squadre, inizierà infatti a giocare il calciatore che – dopo 19 anni di Juventus – è ancora lo sportivo più amato dagli italiani: con il 17 % stacca nettamente il secondo, Valentino Rossi, che ottiene il 4 %, poi a seguire tutti gli altri, tanti, con il 3 o il 2 per cento. Solo il grande Gaetano Scirea aveva saputo raccogliere consensi unanimi pur vestendo una maglia – quella bianconera della Juve – che tale è, bianconera appunto, anche perché ha sempre diviso a metà i tifosi italiani, come una mela spaccata in due: la Juventus o si ama o si odia, non ci sono vie di mezzo.



Del Piero, quindi, se ne va, da oggi “dovrebbe” rappresentare il “passato” (il condizionale è d’obbligo: è ancora il più incitato, la sua numero 10 resta la maglia più venduta) dopo 19 anni di “presente”, inteso proprio nel suo significato etimologico. Del Piero è stato sempre presente alla Juve, anche quando il grave infortunio lo ha tenuto lontano dai campi di gioco e ha fatto temere per il prosieguo della sua carriera, anche quando gli allenatori gli hanno concesso pochi scampoli di gioco, ne hanno messo in discussione la tenuta atletica, lo hanno forse considerato non sempre all’altezza della sua fama. Lui, il Capitano, il solo Capitano riconosciuto e osannato da tutte le curve bianconere d’Italia, ha sempre risposto presente, mettendosi al servizio della squadra più che del suo prestigio personale: 19 anni di vita con la Vecchia Signora, senza mai un tradimento, una scappatella, un litigio, un borbottio di troppo. Ma Del Piero è sempre stato un “presente” – cioè un regalo – per gli occhi dei tifosi bianconeri e di tutti gli sportivi. E allora, nel giorno dell’arrivederci (in Australia sbarca da giocatore, ma tra due anni inizierà una carriera da dirigente che poi lo riporterà a “casa”, alla sua unica vera casa, cioè alla Juventus), è giusto tributargli un omaggio-ricordo-augurio ruggente (come s’addice alla rubrica). E bastano 10 flash, come il numero della sua maglia.

1) E’ il 1995. La Juve di Lippi gioca contro la Fiorentina, nel primo tempo va sotto di due gol, poi nella ripresa riesce a recuperare. Sul 2-2 uno spiovente in area viola pesca Del Piero che al volo di destro insacca a palombella: il gol più bello del mondo!

2) Tokyo, 26 novembre 1996: la Juve gioca contro il River Plate, finale di Coppa Intercontinentale. Partita dura, difficile, tirata. Su calcio d’angolo Del Piero arpiona il pallone e in un nanosecondo indovina l’angolo dove portiere e difensori non possono arrivare. La Juve è sul tetto del mondo!

3) 8 novembre 1998: l’urlo di Del Piero che non avremmo mai voluto sentire. A Udine, dopo un contrasto duro ma involontario, Del Piero resta a terra: lesione dei legamenti del ginocchio destro. Nove lunghissimi, interminabili, mesi di stop. 

4) E’ il 18 febbraio 2001. Dopo l’infortunio, nonostante abbia regalato 20 assist importanti e segnato 9 goal (ma 8 su rigore), la sua stella sembra in declino. Cinque giorni prima è morto il padre Gino: a Bari gli dedica, tra le lacrime, un gran gol dopo dribbling e tunnel.

5) Coppa del mondo 2006 in Germania. L’Italia gioca in semifinale contro i padroni di casa, il calcio italiano è sconvolto da Calciopoli. Del Piero, voluto in azzurro da Lippi, entra e si sacrifica per reggere il forcing finale tentato dai tedeschi. In più segna il raddoppio che regala all’Italia la finale, poi vinta con la Francia.

6) In seguito a Calciopoli, la Juve viene retrocessa in Serie B, con 17 punti di penalizzazione. Del Piero non abbandona la nave, anzi gioca in serie cadetta con la proverbiale grinta e umiltà. Alla fine, oltre a siglare la tripletta contro l’Arezzo che sancisce il ritorno in A dei bianconeri con tre giornate d’anticipo, è il capocannoniere della B con 20 gol.

7) E’ il 5 novembre 2008. La Juve è di nuovo in Champions League e affronta fuori casa il Real Madrid. Del Piero gioca alla grande e gela le merengues con due gol-capolavoro, uno su punizione che lascia immobile Casillas. Quando Ranieri decide di sostituirlo con De Ceglie, tutto il Santiago Bernabeu gli tributa la standing ovation riservata solo ai fuoriclasse.  

8) La Juve di Conte ritrova orgoglio e vittorie. Ma Del Piero non trova spazio tra i titolari. Siede in panchina nel nuovo Juventus Stadium. Quando Conte decide di utilizzarlo, il suo vice, Angelo Alessio, lo istruisce come un qualsiasi debuttante. Le telecamere di Sky sono impietose nel mostrare le immagini. Ma Del Piero non fa una piega: ascolta, annuisce, serio e composto come sempre. Una lezione di umiltà da insegnare nelle scuole calcio. Comunque, nell’anno del grande ritorno,  Del Piero lascia la sua inconfondibile firma da campione: gol decisivo su punizione con la Lazio e pennellata d’autore contro l’Inter nel momento più delicato della stagione. In più trascina i bianconeri fino alla finale di Coppa Italia.

9) “Grazie a tutti, ragazzi. Godiamocela, ce la siamo meritata.  Io c’ero, voi c’eravate. Noi c’eravamo. E ci siamo, finalmente. Siamo  tornati”. Firmato Alessandro”: nel giorno in cui la Juve, con un turno d’anticipo, torna a vincere lo scudetto, Del Piero dimostra tutta la sua statura e la sua juventinità ricordando, da Belardi a Zebina, nome per nome, i compagni di squadra che con lui sono scesi in Serie B: lì, nel punto più basso della storia juventina, è stato il momento della riscossa fino alla vittoria più bella. 

10) E’ il 13 maggio 2012, ultima giornata dello scorso campionato. Si gioca Juventus-Atalanta allo Juventus Stadium, è la festa dello scudetto. Del Piero gioca dall’inizio, dopo pochi minuti viene toccato duro, ma resta in campo, anzi dopo il gol di Marrone, sigla il raddoppio. Al 57’ Conte lo sostituisce: i tifosi lo acclamano e lo “costringono” a fare il giro di campo raccogliendo applausi e sciarpe bianconere.

Arrivederci, Capitano: ti voglio ricordare così.