Ha avuto ragione Conte. Da più parti, compresa questa rubrica, dopo il rocambolesco pareggio con il Galatasaray, gli era stato chiesto di provare a cambiare, mettendo da parte il per passare al . Conte ha resistito alle sirene, convinto che il modulo che gli ha fatto stravincere due campionati potesse ancora funzionare, soprattutto contro avversari non votati alla difesa passiva. E con il Milan è stato così. La squadra di Allegri – per convinzione tattica del suo allenatore e per blasone – non può certo essere tacciata di difensivismo, anzi, ama il fraseggio di qualità a centrocampo e cerca di imporre il proprio gioco agli avversari, magari partendo con il freno a mano, ma, avendo una carburazione lenta, quando poi alla distanza trova i giri giusti, riesce spesso a raddrizzare partite che si erano messe su un binario sbagliato. Allo Juventus Stadium, però, questo copione non si è visto, perché dopo appena 29 secondi i rossoneri si sono trovati, assai rocambolescamente, in vantaggio. E molti tifosi della Juventus in quel momento avranno pensato: ecco, se Muntari segna di sponda con il piede sbagliato, il destro, è l’ennesimo segnale, chiaro e incontrovertibile, che questo non è l’anno giusto, non è l’anno del terzo scudetto di fila. L’equazione iniqua “un tiro, un gol” che sta perseguitando la Juventus da inizio campionato continua e nelle ultime quattro partite, escluso il derby, ha funzionato a meraviglia (per gli avversari, ovvio): Verona un tiro, un gol; Chievo idem; Galatasaray, due tiri, due gol, così come il Milan.



Subìto lo svantaggio, però, la Juve non ci ha messo un giro di lancette per riprendersi con rabbia e determinazione quello che la fatalità avversa sembrava avergli rubato. In un quarto d’ora gli uomini di Conte hanno costruito una nitida palla-gol con Quagliarella (tiro alto per colpa di un’improvvida zolla sollevata) e due tiri con Asamoah e Chiellini deviati in angolo da Abbiati. Nel mezzo, un paio di cartellini gialli (invero un po’ generosamente comminati dall’arbitro) per due interventi un po’ scomposti su Tevez di De Jong e di Constant. Fino al pareggio di Pirlo su punizione, la Juve ha giocato con grinta, anche se Padoin non riusciva mai ad affondare, mentre Vidal e Marchisio giocavano al di sotto delle loro possibilità. Dopo il pareggio la Juventus si è calmata, aspettando nella propria metà campo il Milan, che continuava con il suo palleggio insistito, senza però mai avvicinarsi pericolosamente alla porta di Buffon. A fine primo tempo aleggiava un po’ la sensazione di amaro in bocca. Un gol strambo inopitanatamente subìto, un pareggio trovato su punizione, il solito portiere avversario trasformato in impermeabile saracinesca. Insomma, un film già visto troppe volte in questa stagione. Era necessario cambiare copione e protagonisti. E Conte, pur confermando il tradizionale 3-5-2, questa volta ci ha accontentati e sorpresi. Dopo dieci minuti della ripresa, fuori l’opaco Padoin e dentro Pogba, sistemato sulla fascia come nel vernissage agostano di Villar Perosa nella sfida in famiglia contro la Juve Primavera. Buono l’impatto sulla partita del francese, che ha contribuito soprattutto a cambiare l’atteggiamento complessivo della squadra bianconera. Se a inizio ripresa si è scelto di lasciar giocare il Milan, poi piano piano, inesorabilmente, la Juve ha alzato i ritmi e il baricentro della squadra, provando ad andare a pressare come ai vecchi tempi. Ma il coniglio dal cilindro Conte lo ha estratto con l’ingresso di Giovinco. (Continua)



Tutti forse si aspettavano Llorente, così da avere una torre che difendesse meglio il pallone e facesse da sponda per gli inserimenti dei centrocampisti, trasformando il 3-5-2 in un 4-3-3, come negli ultimi venti minuti contro i turchi. Nient’affatto, per mettere in difficoltà due carri armati come Zapata e Mexes (tra l’altro: piano con i pugni, il difensore francese con la Juve è recidivo, si era già esercitato al punching ball con Borriello due anni fa…) Conte ha inserito la Formica Atomica. E Giovinco, come un assaltatore della Folgore, al primo pallone utile ha piazzato il suo primo vero gol decisivo da quando è tornato a vestire la casacca bianconera, con un dribbling secco, rapido, velenoso che è sembrato il morso di un cobra. Lì il Milan ha cominciato a perdere certezze tattiche e tranquillità, mentre i bianconeri hanno aumentato la pressione, fino ad arrivare al terzo gol di Tarzan-Chiellini dopo una magistrale punizione di Pirlo stampata sulla traversa. Insomma, a parte i trenta sfortunati secondi iniziali della partita, la Juve ha meritato di vincere. Ma alla fine, perché rischiare il cardiopalma, perché regalare palloni innocui agli avversari a 30 metri dalla porta di Buffon mentre la squadra sta salendo, perché rischiare di prendere un altrettanto rocambolesco pareggio lasciando due giocatori del Milan liberi di colpire di testa su un calcio d’angolo al 94° minuto? Amnesie pericolose. Conte si ricordi di rinfrescare la memoria ai suoi giocatori. Come diceva Boskov: “Partita finisce quando arbitro fischia”. Non un minuto prima. Anzi, se serve, in quel minuto prima, buttare la palla in tribuna non è reato… 

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