Alla vigilia di un trittico di partite pesanti da giocare in sette giorni (Fiorentina-Celtic-Roma) la Juventus fuga i dubbi e allontana le ombre: le fatiche di gennaio sembrano ormai alle spalle e proprio contro un avversario che giocava la partita dell’anno la squadra di Conte rispolvera il suo abituale feroce pressing che ne è il marchio di fabbrica più caratteristico. Non a caso, più che il 2-0 rifilato ai viola, grazie (finalmente!) a una bella doppietta realizzata dalla coppia d’attacco Vucinic-Matri, a impressionare è l’intensità e l’ampiezza con cui i bianconeri coprono ogni zona del campo, a cominciare dalla trequarti avversaria. E’ lo stesso Montella, a fine partita, a riconoscere che contro la Juventus la sua squadra non è riuscita a esprimere il solito gioco (e la Fiorentina è compagine votata alla manovra e alle scorribande).
Il simbolo di questa ritrovata prepotenza atletica è senz’altro Vidal. Il cileno recupera palloni come una piovra, copre ogni angolo di campo, serve su un vassoio d’argento il pallone del raddoppio a Matri e a inizio ripresa sfiora un bellissimo gol con un tiro a rientrare dal limite dopo poderosa discesa sulla fascia di De Ceglie.
Passato l’ultimo mese giocando in affanno, ora che sembrano definitivamente smaltiti i carichi di lavoro della pausa natalizia e che si torna a respirare aria di Champion’s, la Juventus ritrova se stessa. Aveva smarrito soprattutto la sua anima guerriera, tenace, indomita. Senza il suo classico furore agonistico, anche la cifra tecnica del gioco sembrava essere diventata meno imprevedibile e più neutralizzabile dagli avversari. Condannata al suo tremendismo, la Juventus “deve” per forza giocare a ritmi alti. Pigiare sull’acceleratore è la condizione per far girare a puntino i meccanismi di gioco; se la corsa rallenta, l’assenza di fuoriclasse e di tenori porta tutto il coro a steccare.
Contro la Fiorentina, alleggerita dalle tossine, la Juve ha rispolverato garretti ben oliati e trame di gioco ordinate e ficcanti. Tutto è tornato a ruotare a meraviglia attorno alla sapiente regia di Pirlo. I viola non sono riusciti a pressarlo (Toni ci ha provato, ma con scarsa convinzione e scarso successo), né tantomeno sono riusciti a imbastirgli una gabbia attorno, così il regista bianconero è subito salito in cattedra e ha dettato i tempi di gioco a suo piacimento, regalando anche qualche preziosismo da applausi, districandosi con leggerezza, pallone al piede, dai tentativi di pressing portati da un nugolo di viola.
Un altro gradito ritorno ai suoi livelli abituali è senza dubbio quello di Buffon. I primi segnali si erano già visti nella partita in Nazionale contro l’Olanda: tre interventi decisivi dei suoi, di piede o con la mano. Contro la Fiorentina ha rispolverato la sua consueta sicurezza, neutralizzando due volte Jovetic e infondendo tranquillità a tutto il reparto difensivo. Con la prestazione contro la Fiorentina sembra finalmente finita quella “stregoneria voodoo” che nelle ultime cinque partite aveva condannato la Juventus a subire gol nelle rarissime (uno o due al massimo) occasioni lasciate agli avversari. Buon segno, anche in vista della pericolosa trasferta a Glasgow.
Se per Buffon si può parlare di gran ritorno, per Barzagli si deve sottolineare l’ennesima perentoria conferma che è oggi il difensore italiano più forte in assoluto. Di piede, di testa, in anticipo, sulla corsa o nelle marcature più strette, non c’è avversario o situazione in cui non riesca a uscirne fuori da gigante. Un suo intervento con ripartenza, palla persa e poi recuperata subendo fallo ha fatto scattare quasi la standing ovation allo Juventus Stadium!
Su livelli più che positivi le prove di Lichtsteiner (è tornato a spingere come un treno, su e giù, instancabile), Marchisio (tatticamente eccezionale), Vucinic (anche se si è mangiato un gol già fatto a tu per tu con Viviano) e Matri (una rete da vero centravanti, addirittura a piede scalzo, un’altra sfiorata con un bel tiro al volo a incrociare, in più un continuo, duro lavoro di sponda e di copertura del fronte d’attacco).
In ripresa De Ceglie, che ha giocato un primo tempo in soggezione (sembrava terrorizzato all’idea che Cuadrado potesse sovrastarlo con le sue velocissime incursioni), ma poi nella ripresa ha ritrovato gamba e coraggio (è uscito solo dopo un ruvido body check con Roncaglia). Da rivedere Marrone: si muove come un centromediano metodista, in fase di impostazione non perde mai lucidità, ma nelle chiusure non ha la “testa” del difensore.
In conclusione, la Juve ha giostrato bene quando ha dovuto costruire il gioco e la partita, mentre quando la Fiorentina ha cercato di raddrizzare il match producendo il suo massimo sforzo i bianconeri sono stati bravi a coprirsi bene (reparti molto corti e compattezza di gruppo notevole: tutti si aiutano l’un l’altro), anche grazie agli innesti di Caceres e Pogba, che hanno cementato la tenuta difensiva. Bene, con queste ritrovate certezze, si parte per la Scozia: a Glasgow, nella tana del Celtic, ci sarà da lottare e da ruggire.