Tre rombi di tuono nel cielo di Scozia. La Juventus manda un messaggio forte e chiaro alla Champions League: noi ci siamo! Su un campo che ha visto cadere anche il Barcellona e il Benfica, una Juventus Braveheart regge l’urto dei bad boys di Lennon, l’allenatore nordirlandese del Celtic che da più di dieci anni covava una vendetta sportiva proprio contro la Juve, per cancellare il ricordo di un rigore fasullo dato ai bianconeri dopo un tuffo di Amoruso nella Coppa dei Campioni del 2001. Ma le Zebre nella tana – roboante e ruggente – delle Tigri celtiche non hanno tremato e tantomeno si sono fatte intimorire o sbranare. Anzi, dopo soli tre minuti, con uno schema tanto semplice quanto efficace – lancio lungo dalla trequarti di Peluso per Matri che, scattando in profondità, prende il tempo ad Ambrose e con la punta del piede anticipa l’uscita di Forster – trova subito il vantaggio e stampa un pugno in pieno stomaco all’intero Celtic Park, stipato come un pub scozzese quando in tv trasmettono il derby di rugby del Sei Nazioni contro i tanto odiati inglesi. L’inizio della Juventus probabilmente sconvolge i piani di Lennon, che – indisponibile l’ariete greco Samaras – appresta un 4-5-1 votato alla difesa a riccio e al contropiede letale, tenendo come punta acuminata il gioiellino Hooper (tutti da vedere i corpo-a-corpo con Lichtsteiner sui calci d’angolo: e poi il Cio vorrebbe eliminare la lotta dai Giochi olimpici…). Invece, dopo soli tre minuti, il Celtic è costretto a rivoluzionare i suoi piani, deve fare la partita, comincia a gettarsi all’arrembaggio e lo fa con tanta corsa, tanto pressing, tanto agonismo. Wanyama, Brown, Izaguirre e soprattutto Commons sembrano diavoli della Tasmania, piombano su tutti i palloni, cercano di soffocare il pensiero e il gioco dei difensori e dei centrocampisti bianconeri. Piano piano la tempesta scozzese prova a prendere forma, con grandi folate, lampi di furore atletico, squarci di tremenda intensità.

E la Juve? E’ costretta a subire, ma regge; qua e là scricchiola, soprattutto per un’affannosa difficoltà a impostare il proprio gioco, ma non cede mai, non perde mai l’equilibrio tra difesa e centrocampo (l’attacco sembra un po’ abbandonato a se stesso). E l’immagine della serata, emblema dello spirito gagliardo con cui i bianconeri ingaggiano il duello con gli scozzesi, non arriva questa volta dai gladiatori soliti: Vidal è stranamente imbambolato e svagato, Barzagli meno imperioso e appariscente del solito, ma addirittura dal genio della lampada del gioco juventino.

Andrea Pirlo, infatti, a metà del primo tempo, viene aggredito (in senso sportivo) dal capitano biancoverde Brown, il Gattuso scozzese (è il giocatore, per intenderci, che nel tunnel che porta al campo non si degna neanche di dare uno sguardo e un saluto agli avversari, un segnale di battaglia, un po’ come dire “Non sapete che inferno vi aspetta là fuori”). Ebbene, Pirlo cade, viene quasi calpestato da Brown, si alza, lo rimprovera e lo guarda “brutto” (ovviamente ricambiato). Poi, cinque secondi dopo, si fa dare il pallone, si lascia aggredire di nuovo dallo stesso avversario e con classe e grinta esce dal corpo-a-corpo facendo addirittura sedere un incredulo Brown. E che dire dei vari Caceres e Peluso? Lì a sinistra alla Juventus mancano i due titolari, e che titolari: Chiellini e Asamoah al Celtic Park avrebbero fatto comodo eccome! Ma i loro degni sostituti, soprattutto l’uruguaiano, molto attento e reattivo, ma anche l’ex atalantino che non solo propizia il primo gol, ma non lascia mai campo ed entusiasmo agli avversari che transitano nella sua zona, non li fanno rimpiangere.

La furia scozzese dura 45 minuti, giocati con grande rabbia agonistica e creando anche qualche occasione pericolosa, che però va puntualmente a infrangersi contro i guantoni di Buffon, tornato alla grande a dare sicurezza a tutta la squadra. Nella ripresa il Celtic paga un po’ dazio, il pressing s’attenua, la Juve, sempre illuminata dai fari di Pirlo e dalle incursioni laser di Marchisio, esce con maggiore facilità dalla propria metà campo, addirittura comincia ad aggredire gli avversari e piano piano, a sua volta, aiutata finalmente da una prova convincente dei suoi attaccanti, Matri su tutti, costruisce il suo trionfo, prima raddoppiando con Marchisio e poi chiudendo definitivamente i conti con Vucinic.

Da Glasgow arriva, dunque, un bel messaggio di maturità e di consapevolezza nei propri mezzi. La squadra ha ritrovato le sue certezze, la sua compattezza, la sua solidità, forse addirittura le ha cementate (complice anche il bel successo contro la Fiorentina in campionato). Con la Roma sabato e con il Siena il 24 febbraio la Juve potrebbe mandare altri due ruggiti. Intanto si può guardare con maggiore fiducia al ritorno contro il Celtic del 6 marzo e si può cominciare a guardare con maggiore tranquillità anche alla trasferta di Napoli del 1° marzo. Sapendo che Chiellini, Asamoah e Pepe tornino presto arruolabili.