Non ancora compiutamente attrezzata per stare nell’Europa del calcio che conta, ma troppo forte per il campionato italiano. E’ questa la “dimensione” attuale della Juventus, e la partita dell’Olimpico lo ha dimostrato. Se mercoledì scorso il Bayern è apparso nettamente superiore ai bianconeri, dal punto di vista fisico, tattico e tecnico, meritandosi il passaggio alle semifinali di Champions League, contro la Lazio i ruoli si sono invertiti: la Juventus ha dimostrato che in Italia non ha rivali, oggi la sua supremazia è inattaccabile, insomma è “too big to fail”. Ora, dopo aver superato lo scoglio dei biancazzurri, mancano solo sette punti, da racimolare in sei partite, per bissare la conquista dello scudetto.

E’ vero che alla squadra di Petkovic mancavano sette titolari importanti e ha cercato di sopperire alle assenze con un atteggiamento tattico spregiudicato e arrembante, soprattutto nei primi minuti della partita, ma la Juventus, che veniva da una settimana complicata da gestire, specie dopo l’inequivocabile eliminazione subita da un Bayern perentorio e vigoroso, ha giocato il primo tempo con la consapevolezza e la voglia di chiudere subito i conti. Ha lasciato sfogare gli avversari, poi piano piano ha squadernato sul campo la classe e la corsa dei suoi centrocampisti, che per la prima volta Conte con un inedito ha schierato tutti contemporaneamente: i quattro moschettieri, Pirlo-Vidal-Pogba-Marchisio, con colpi di sciabola e di fioretto hanno infilzato la Lazio, aiutati in maniera pregevole da un Vucinic particolarmente ispirato nei rientri a centrocampo per aprire gli spazi agli inserimenti dalla mediana. Sono bastati 8 minuti alla Juve per trovare il vantaggio su rigore dopo uno splendido e spietato uno-due confezionato dalla coppia Vucinic-Marchisio. Dal dischetto ha segnato Vidal, oggi più che mai vero leader e vero top player di questa squadra: il cileno – se mai ci fossero stati dei dubbi – va considerato assolutamente incedibile: difende, costruisce, finalizza, segna, corre per due, tampona,e fa tutto questo in ogni zolla di campo, da destra a sinistra, su e giù, instancabile. Davvero gigantesco, il “guerriero”. Dopo il vantaggio la Juve ha legittimato la sua superiorità con trame di gioco lineari, essenziali, veloci, sempre palla a terra, pronta ad allargare il fronte del gioco sugli esterni oppure a perforare dal centro con le progressioni di Marchisio (efficace nel ruolo di seconda punta incursore) e Pogba (più deciso del solito, anche nei contrasti e nell’impostazione della manovra).

Dietro, a parte le ripetute incertezze di Peluso, Barzagli si è ripreso dal (breve) periodo di appannamento coinciso con le due partite contro il Bayern, mentre Bonucci ha confermato i suoi enormi progressi, specie nella fase prettamente difensiva. Anche il “pensionato” Buffon ha pensato bene di alleggerire la sua carta d’identità, esibendosi in un paio di interventi spettacolari, il primo opponendosi alla punizione velenosa calciata da Candreva ma deviata da Pirlo, e il secondo allungandosi a deviare un colpo di testa di Ciani indirizzato nell’angolino. Detto dei centrocampisti, buona la spinta anche di Lichtsteiner sulla destra e diAsamoah sull’out opposto, anche se il ghanese è stato spesso ignorato. Messo in cassaforte il risultato già nel primo tempo, la Juve è scesa in campo nella ripresa meno concentrata e precisa, lasciando così più campo alla Lazio, ma pur rallentando il ritmo e allentando la presa i bianconeri non hanno corso eccessivi pericoli, anzi con Marchisio hanno fallito il colpo del definitivo ko dopo una bella punizione dal limite di Pirlo respinta da Marchetti. A tenere alta la concentrazione ci ha pensato comunque Conte, che anche sul 2-0 non ha mai cessato di richiamare e incitare i suoi giocatori. Segno che il traguardo sarà anche vicino, ma l’allenatore salentino non ha la benché minima voglia di concedere neppure un centimetro alle chance e ai sogni degli avversari. Il Napoli è scivolato a undici punti, il Milan addirittura a quindici, ma per Conte è come se fosse ancora un testa a testa senza respiro.

Sarà per questo che in Italia la Juve ha costruito e ribadito, in soli 18 mesi, la sua netta superiorità. E sarà proprio da questa consapevolezza (dare tutto, restare sempre concentrati, non mollare mai) che l’anno prossimo la Juve ritenterà, con un pizzico di esperienza internazionale in più, la sua scalata all’Europa del calcio che conta.