Vittoria importante in chiave scudetto, ma non una bella vittoria. Più che con la brillantezza del gioco e la veemenza fisica la Juventus batte il Milan con l’abnegazione tattica e applicando la vecchia regola del calcio italiano: primo non prenderle. Il Milan, infatti, soprattutto nel primo tempo, sorretto da una buona condizione fisica e da un’equilibrata sistemazione in campo, riesce a tessere con pazienza ma con efficacia le sue trame. I difensori e i centrocampisti rossoneri non buttano mai via la palla, sono attenti nel farla circolare in modo veloce e preciso, costringendo i bianconeri a correre, a tamponare, a inseguire. La Juventus però è brava a non concedere troppi spazi agli avversari, anche se per imprecisioni nell’avvio della manovra deve lasciare ai milanisti un paio di occasioni con tiri da lontano fortunatamente innocui.
La Juventus non mette sul piatto la sua proverbiale cattiveria agonistica. Anzi, nei primi 45 minuti, la squadra sembra troppo timida, il Milan lo intuisce e piano piano alza il livello del pressing, portando i tre attaccanti a soffocare sul nascere il palleggio dei difensori juventini. Gli uomini di Conte patiscono il palleggio dei milanisti, che schierano una formazione offensiva e un centrocampo di piedi buoni, dove l’unico incontrista è Ambrosini. Conte risponde riproponendo lo stesso schema tattico – vincente e convincente – utilizzato con la Lazio: un 3-5-1-1, dove Vucinic giostra da pivot, Marchisio gli fa da sponda partendo alle sue spalle, mentre i centrocampisti – Vidal e Pogba, ma anche gli esterni Lichtsteiner e Asamoah – cercano tutti l’imbucata o l’inserimento. Rispetto alla partita dell’Olimpico, Marchisio fa più fatica a duettare con il montenegrino, non trova i tempi giusti per le proiezioni offensive ed è costretto a un oscuro, ma preziosissimo, lavoro di disturbo sui difensori milanisti, che va ad aggredire a uno a uno per tutti i 90 minuti. Un compito sfiancante, ma il Principino lo svolge con notevole umiltà e perseveranza.
Il 3-5-1-1 è un modulo interessante, che consente di far giocare Pogba accanto a Pirlo, Vidal e Marchisio, ma impone il sacrificio di una seconda punta. Ora che Giovinco è assente, lo schema può essere proposto, anche perché né Matri né Quagliarella hanno dimostrato, finora, di essere affidabili e continui. Ma l’anno prossimo, con l’arrivo già certo di Llorente, questo schema potrebbe essere riproposto solo con il sacrificio di un centrocampista e l’utilizzo di Vucinic (o Giovinco) nel ruolo di Marchisio. Più facile, invece, anche con il recupero di Pepe, che Conte in alternativa al 3-5-2 riproponga il 4-3-3.
Contro il Milan 3-5-1-1 non risulta decisivo, perché la vittoria alla fine arriva da un episodio, che altera un equilibrio tattico, tutto giocato sul filo della paura reciproca: il Milan tiene palla ma non affonda perché non vuole lasciare alla Juventus troppi spazi invitanti per il contropiede; la Juventus invece non aggredisce e aspetta il Milan per evitare che Barzagli, Bonucci e Chiellini si ritrovino troppo spesso a fronteggiare duelli individuali con Robinho, Pazzini ed El Shaarawy. Una volta trovato il vantaggio con il rigore trasformato da Vidal dopo lo “scontro” in area tra Amelia e Asamoah, la Juventus decide di controllare la partita, perché capisce che il Milan non ha la forza né i giocatori in grado di ribaltare il risultato.
Abate non riesce a sfondare contro Asamoah; meglio Constant sull’out sinistro, che però sbaglia la misura dei cross; al centro Boateng e Montolivo si infrangono contro la barriera di maglie bianconere, mentre Pazzini fa a sportellate con Barzagli o Chiellini ma senza arrivare mai a impensierire Buffon, chiamato in causa soltanto con tiri da fuori area di Montolivo, Muntari e Mexes.
La partita allo Juventus Stadium conferma comunque che la Juventus è la padrona del campionato italiano. Mentre l’anno scorso quando tirava i remi in barca andava in sofferenza, quest’anno sa gestire meglio le sue giornate meno brillanti e riesce a coprirsi (non a caso ha la miglior difesa del campionato), senza rinunciare a colpire. Se proprio un difetto va trovato, è l’abulia con cui la Juventus va alla ricerca del raddoppio, per provare a mettere in cassaforte il risultato. Ma qui è come voler cercare il pelo nell’uovo. La sostanza è che la Juventus subisce pochi tiri avversari, difende corta e ben organizzata, prima o poi l’occasione giusta per andare in rete la trova. Così, inanellata la sesta vittoria consecutiva, a cinque giornate dalla conclusione restano 11 i punti di vantaggio sul Napoli, mentre il Milan scivola a -18.