Con il trentunesimo risultato utile del campionato (26 vittorie e 5 pareggi) la Juve di Conte si porta a casa il 31° scudetto (sul campo). “La vittoria della ferocia” ha commentato Conte. Non solo della ferocia, però. Quest’anno i bianconeri non hanno sempre giocato con il coltello tra i denti, anzi si sono viste diverse partite in cui la squadra non ha aggredito come al solito gli avversari. Qualcuno dice che in questo campionato non si è mai rivista la Juve del primo scudetto, la squadra che con la sua insaziabile fame e la sua indomabile tenacia non lasciava campo e scampo agli avversari, togliendo loro inesorabilmente fiato, energie e idee. Forse solo con il Chelsea a Torino, in Champions League, nella sfida del girone in cui la posta in palio era “dentro o fuori” senza appello, i bianconeri, vincendo 3-0, hanno fatto vedere la stessa determinazione dello scorso anno.

Comunque questo scudetto, ferocia a parte, conquistato con tre turni d’anticipo e con una montagna di punti di vantaggio sugli inseguitori, dimostra che la Juve attuale, questa Juve forgiata da Conte, è troppo forte per il campionato italiano. Solo la Fiorentina al “Franchi” (finì 0-0, ma i viola dominarono, mentre la Juve non riuscì a effettuare un solo tiro in porta) e in parte la Roma del secondo tempo all’Olimpico (contrassegnato dal gol-siluro di Totti, ma va ricordato che all’andata i giallorossi vennero asfaltati in soli 40 minuti) sono riuscite a metterla davvero sotto. Le altre sconfitte sono maturate più per demeriti della Juve che per i meriti degli avversari.

In tutte le altre partite la Juventus ha saputo controllare l’avversario, non ha mai rischiato più del dovuto (e il fatto che per il secondo anno consecutivo la difesa si sia rivelata la più impenetrabile del campionato lo conferma), anche senza forzare i tempi è riuscita ogni volta a trovare la via del gol e dei tre punti, magari all’ultimissimo secondo (come con Giaccherini contro il Catania allo Juventus Stadium).  Impressionante, in tutto il campionato, è stato…

Il possesso palla, la capacità di andare al tiro, il numero di occasioni create, le parate a cui ha costretto il portiere avversario.

Insomma, per il campionato italiano la Juve è come il Bayern attuale: troppo forte, troppo superiore, troppo in tutto. Anche contro il Palermo per i primi 10-15 minuti i rosanero non sono riusciti a mettere la faccia oltre la metà campo, soffocati da un pressing e da un giro palla impressionanti. E questa è la dimensione attuale della Juve in Italia.

Diverso il discorso in Europa. Il doppio confronto con il Bayern ha evidenziato che la Juve (ma nella stessa situazione si trovano altri squadroni come il Barcellona) deve ancora colmare un gap notevole con i tedeschi. Il 31° tricolore deve essere un punto di partenza, non di arrivo: va accontentato non solo l’uomo Conte, che vuole restare sulla panchina bianconera al 100%, ma soprattutto va ascoltato e assecondato il professionista Conte, che vuole alzare l’asticella a misura di Europa, di Champion’s, di super-club.

L’allenatore, il suo staff e soprattutto i giocatori hanno fatto il loro dovere: hanno stravinto il campionato bissando il successo dell’anno scorso, hanno sfiorato la seconda finale consecutiva di Coppa Italia (ah, se Giovinco contro la Lazio avesse tirato rasoterra l’ultima occasione a tu per tu con Marchetti: ora la Juve sarebbe in finale con la Roma, a contenderle la decima Coppa Italia…), sono arrivati con onore (imbattuti nelle prime otto partite del torneo) ai quarti, dove hanno ceduto il passo due volte solo ai più forti in Europa.

Ora, dunque, tocca alla dirigenza. Il 31° scudetto sul campo deve rappresentare il vero salto di qualità. Basta con gli Anelka e i Bendtner, oggi è il momento dei top player famosi (Ibrahimovic? Higuain? Nani?) e di quelli che alla Juve potrebbero diventarlo (come Vidal e Pogba, assolutamente invendibili). Perché l’anno prossimo, oltre a confermarsi in Italia per la terza volta (e conquistare la terza stella anche nel computo scudetti di Federazione e Lega) è il momento di dare l’assalto al calcio che conta, alla Champion’s. E’ il momento dei ruggiti, non sul campo, ma nella campagna acquisti.