Buona la prima, come ormai è tradizione. Nell’era Conte la Juventus non sbaglia la partita inaugurale del campionato: due volte con il Parma, quest’anno con la Sampdoria. Una vittoria che consente ai bianconeri di toccare i 500 giorni di vetta. E’ infatti dal 7 aprile 2012, giorno in cui la Juventus di Antonio Conte effettuò il sorpasso ai danni del Milan, sconfitto in casa dalla Fiorentina dell’ex Amauri, che la Zebra corre sempre davanti a tutti, costringendo gli avversari a inseguire (per la cronaca, il bilancio di questi 500 giorni di primato parla di 35 vittorie, 7 pareggi e 5 sole sconfitte in 47 gare di campionato). Come prevedibile, anche sotto la pioggia battente di Marassi la Juventus ha messo in scena lo spartito che le è più congeniale: gioco di squadra, collettivo tatticamente disciplinato, grande lavoro di gruppo. Come contro la Lazio, Conte ha schierato nove undicesimi della Juve con cui ha iniziato la sua esaltante galoppata, inserendo solo Asamoah (innesto dell’anno scorso) e la novità, piacevole, di Tevez. Non è tanto per il gol (l’argentino arriva al comodo appoggio a porta vuota dopo uno spumeggiante schema da Barcellona, con 11 tocchi quasi tutti di prima in 13 secondi), quanto per l’apporto che l’Apache è in grado di garantire alla Juve in fase di impostazione del gioco e di difesa della palla mentre la squadra sta salendo. In effetti, nei due anni precedenti gli attaccanti juventini, costretti dagli schemi di Conte a giocare spesso spalle alla porta e in appoggio alla squadra per favorire gli inserimenti dei centrocampisti, non sempre hanno assolto a dovere questo compito. In più partite la squadra si è trovata spesso presa d’infilata e a dover fare precipitosamente marcia indietro proprio perché là davanti le punte non riuscivano a proteggere il pallone, consentendo alla squadra di salire in appoggio con più giocatori. Ebbene, Tevez questo compito lo svolge con maggiore assiduità ed efficacia: primo, perché è un giocatore tecnicamente ben dotato (e questo lo si sapeva); secondo (e questa è una bella sorpresa), perché fisicamente regge il confronto con i difensori avversari, mentalmente è un “assatanato” (Conte dixit), tatticamente lavora come “un mulo” (parola di Chiellini). Morale? La Sampdoria di Delio Rossi, che l’anno scorso aveva scippato sei punti su sei ai bianconeri, pur giocando a buon livello e pur schierando giocatori molto intriganti (Obiang e Gabbiadini su tutti), non ha avuto un’occasione chiara che una per battere Buffon. Certo, il merito (stiamo parlando della Juve…) non può essere ascritto a un solo giocatore, ma sta di fatto che con Tevez i reparti sono meglio “cuciti” tra loro, si perdono meno le distanze, si conservano meglio gli equilibri tattici. E pensare che l’ex attaccante del City (Conte ridixit) “è al massimo al 60-70% della condizione”, il che vuol dire che per uno come lui – tutto scatti repentini e dribbling secchi -, i margini di miglioramento non sono trascurabili. Detto (doverosamente) di Tevez, a impressionare – come contro la Lazio – è la capacità dei bianconeri di mettere sotto controllo la partita, imponendo il proprio gioco, il proprio possesso palla, il proprio dominio territoriale. La squadra ha così assimilato gli schemi e la mentalità del suo allenatore che non ha più bisogno di imporre i ritmi vertiginosi che ne avevano caratterizzato la prima “edizione”: la Juve attuale accelera quando decide che è il momento, innescando di volta in volta le munizioni che le servono. E oggi più di ieri è in grado di assorbire anche le giornate storte di alcuni suoi tenori. Contro la Sampdoria, per esempio, Vidal ha giocato sotto tono (ma il tocco che mette Pogba davanti al portiere blucerchiato è da antologia), Pirlo non è ancora ai suoi soliti livelli di direzione d’orchestra, Vucinic si prende ancora troppe pause, Chiellini deve smaltire qualche ruggine post-preparazione, eppure il collettivo non ne ha risentito. In positivo, invece, è giusto sottolineare la tenuta ermetica di Barzagli, la crescita di Asamoah nel ruolo di esterno sinistro, la straripante grinta di Lichtsteiner sul versante di destra e la personalità imperiosa di Pogba. Su tutti, poi, vigila con i suoi “ruggiti” Conte, l’uomo che guida la Jeep bianconera viaggiando… in 500!